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Editoriale
17 giugno 2010
di Eugenio Leopardi
Rif. rivista Luglio - Agosto 2010
ORA PENSIAMO ALLA FARMACIA

La recente riduzione dei margini del 3,65% alla distribuzione intermedia, che certamente non tratterrà a suo carico l'intero ammontare dell'imposta, è la logica conclusione di mesi e mesi di lotta all'interno del nostro sindacato di rappresentanza.

L'aggressione alla farmacia, ormai, viene da lontano: è iniziata dal 1992 con l'istituzione dello sconto del 2,5% sull'importo dei farmaci erogati dal Ssn. Poi è proseguita con altri provvedimenti sempre punitivi per la farmacia, sino a giungere a questo ultimo.

Da mesi, gli organi di stampa ed il Ministro della Salute in persona parlavano di questo provvedimento, ma il nostro sindacato era impegnato nelle liti interne. Impegnato non per prevedere l'arrivo di nuovi responsabili e di programmi innovativi, ma, come sempre, attorno all'operato di chi ha già governato il sindacato per quasi vent'anni, facendoci digerire ulteriori aumenti dello sconto da praticare sui farmaci Ssn, la legge 405/2001, la presa in giro sui vaccini antinfluenzali, il prezzo libero su Sop e Otc; accettando senza discutere la trattenuta dell'1,40%, non certo conseguenza del terremoto d'Abruzzo, e molti altri provvedimenti a danno delle farmacie con un motto ormai famoso nella nostra rassegnata categoria: "Poteva andare peggio!!" .

Avrei preferito si fosse tenuto presente un altro motto, quello di Bernardino Ramazzini, che, a proposito della medicina del lavoro, affermava: "Prevenire è meglio che curare", anziché guadagnarsi il soprannome di "Federferma".

Penso che non si possa continuare ad assistere impassibili a queste operazioni a danno di un servizio importante come quello farmaceutico. Già le farmacie hanno dato tanto, troppo, alle casse dello Stato: ora la misura è colma.

Su questi provvedimenti ingiusti non serve mobilitarsi in azioni di forza senza poi realizzarle o esprimere un sindacalismo a livello di tuta, ma è necessario combattere le iniquità con dati di fatto, con documentazioni veritiere e avanzando proposte che, senza sostenere privilegi, consentano a chi lavora in modo onesto e corretto di continuare ad operare a vantaggio della collettività. Bisogna verificare se, con questi costi, è ancora compatibile il servizio di dispensazione al Ssn con la sopravvivenza dell'azienda farmacia.

Forse abbiamo bisogno di un sindacato meno ingessato, meno litigioso, che si confronti con le altre rappresentanze della categoria, che dialoghi di più con la politica, che impegni di più i pochi colleghi che ci rappresentano in Parlamento; proviamo a ristrutturarlo, a limitare il numero di mandati dei rappresentanti, a dare più possibilità di confronto alla base.

Coinvolgere la base nella scelta dei vertici di un sindacato permette senz'altro a chi è stato eletto di governare e, se non ottiene buoni risultati, rende reale l'ipotesi di non essere riconfermato. Fino ad oggi non è stato così, ma mi auguro ci si incominci a pensare.

Oggi si parla di cambiare il sistema di remunerazione della farmacia.

Utifar lanciò un segnale ad ottobre dell'anno scorso con un importante convegno a Roma, dicendo che il problema avrebbe dovuto essere affrontato con serietà e competenza perché è ricco di molti risvolti, ma avrebbe dovuto essere affrontato al più presto per provare a impedire nuovi tagli sui nostri margini. Forse, se ciò fosse stato già fatto, oggi non staremmo a guardare i buoi fuggiti dalla stalla.

Mi auguro che questa mia analisi serva da stimolo per imminenti trattative che Federfarma si appresta a portare avanti con il governo. Sono infatti convinto che la categoria, specie in momenti così delicati, debba essere unita al suo interno per presentarsi forte dell'appoggio di tutte le sue componenti. Per questo Utifar conferma la propria disponibilità per un ruolo attivo e mirato a rafforzare il dialogo tra le diverse rappresentanze di categoria.

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