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4 - La malattia celiaca - Parte II - Complicanze correlate alla malattia celiaca

12 marzo 2010
di
Rif. rivista Marzo - Aprile 2010

Numerose sono le complicanze e le condizioni autoimmuni correlate alla malattia celiaca, la cui gestione richiede l'intervento di uno specialista.

Le complicanze della malattia celiaca sono numerose ed interessano prevalentemente i pazienti adulti: tra queste, si ricordano osteoporosi, disturbi della sfera sessuale e della gravidanza, insorgenza di neoplasie e di adenocarcinoma. è stato osservato come la mortalità per queste condizioni sia due volte maggiore nei pazienti affetti da celiachia, rispetto a soggetti che non presentano questa condizione.

Osteoporosi

La malattia celiaca è spesso associata ad un aumentato rischio di sviluppare osteoporosi anche in giovane età e rappresenta un fattore predisponente alle fratture ossee. Per tale patologia, il grado di associazione frattura-celiachia varia da "basso" (1,9% di fratture in più nei celiaci rispetto al controllo) a "elevato" (7% di fratture in più negli indivi dui celiaci rispetto al controllo sano). In particolare, nei pazienti affetti da celiachia, si può osservare una diminuzione della densità minerale ossea; tale condizione mostra un rapido miglioramento con l'istituzione di una dieta libera da glutine. Nonostante ciò, numerosi dati clinici mostrano come una dieta priva di glutine non apporti alcun beneficio ai pazienti che iniziano il trattamento nella tarda pubertà e nell'adolescenza.

Sessualità e fertilità

Alcuni uomini affetti dalla malattia celiaca non trattata lamentano frequentemente una riduzione della potenza sessuale. I problemi legati alla sterilità e al ridotto numero di spermatozoi si risolve con una dieta priva di glutine anche dopo molti anni di oligospermia. In alcuni pazienti si sono rilevati anche bassi livelli circolanti di testosterone e 5-diidrotestosterone, mentre il livello plasmatico di ormone luteinizzante appare spesso elevato. Queste alterazioni ormonali possono spiegare, in parte, il ritardo dello sviluppo puberale e della comparsa dei caratteri sessuali secondari che si osservano nei pazienti maschi non sottoposti ad alcun trattamento. La malattia celiaca è stata anche associata ad una diminuzione della fertilità femminile, all'insorgenza di aborti spontanei e ad una aumenta incidenza di ritardi nella crescita intrauterina Sebbene il meccanismo patogenetico della celiachia non sia stato ancora chiarito, uno stato di malnutrizione generale e la carenza di fattori specifici quali il ferro, lo zinco e l'acido folico sono da considerare una delle cause che possono condurre all'aborto spontaneo. La gravidanza, inoltre, richiede un apporto di calcio moderatamente superiore alla norma; di conseguenza il rimaneggiamento osseo diviene più importante soprattutto nelle donne in cui la diagnosi di celiachia è stata effettuata in età adulta, quando il malassorbimento occulto aveva già ridotto i depositi naturali dell'organismo. In ogni caso, sono stati recentemente pubblicati numerosi studi al riguardo, con risultati contradditori: alcuni mostrano un ruolo significativo della malattia celiaca sulle nascite pretermine, sulla frequenza dei parti cesarei, sul basso peso alla nascita dei neonati, mentre altri hanno sottolineato come non fossero state segnalate reali conseguenze cliniche della celiachia in gravidanza. Pertanto, si può affermare che il ruolo della celiachia sulla fertilità e sugli esiti di una maternità rimane a tutt'oggi sconosciuto; in ogni caso, sarebbe auspicabile tenere conto della positività alla malattia celiaca in caso di aborti spontanei ricorrenti, infertilità e/o problematiche riguardanti la crescita intrauterina del feto.

Adenocarcinoma intestinale

Numerose patologie gastrointestinali, inclusi l'adenocarcinoma intestinale e il linfoma non-Hodgkin, sono associate alla patologia celiaca. L'adenocarcinoma dell'intestino tenue, in particolare, è una rara forma di cancro e il rischio di sviluppare questa neoplasia è più elevato nei soggetti affetti da celiachia. I pazienti celiaci che, dopo la risoluzione della fase acuta della malattia, presentano dolore addominale e sangue occulto nelle feci dovrebbero essere sottoposti ad ulteriori accertamenti diagnostici atti a valutare la comparsa di un adenocarcinoma o di un linfoma non-Hodgkin. In ogni caso, queste neoplasie si manifestano raramente e hanno un basso rischio assoluto; per questo motivo, la loro possibile comparsa non è sufficiente, da sola, a giustificare uno screening di routine nella popolazione atto a verificare la positività alla patologia celiaca.

Condizioni associate alla celiachia

Il termine "condizioni associate" si riferisce ad alcune condizioni patologiche che si manifestano con elevata frequenza nei pazienti affetti da celiachia ma che si pensa non siano strettamente correlate all'ingestione di glutine.

Dermatite herpetiforme

La dermatite herpetiforme è una lesione della pelle associata alla celiachia e caratterizzata dalla presenza di lesioni papulovescicolari sulle braccia, sulle gambe, sulle natiche e sul collo. La patologia si manifesta con maggiore frequenza nell'età adulta ma colpisce anche durante l'infanzia e l'adolescenza. Mentre nella popolazione adulta vi è una prevalenza di comparsa nel sesso maschile, durante l'età pediatrica le bambine sono colpite in una percentuale circa doppia rispetto ai loro coetanei maschi. L'istologia della dermatite herpetiforme mostra depositi granulari di IgA nelle lesioni in grado di provocare i danni tipici della malattia. Questa patologia risponde spesso a una dieta priva di glutine.

Malattie autoimmuni

Numerose sono le patologie associate alla celiachia e fra queste un ruolo importante riguarda le malattie autoimmuni. Già negli anni '70, Cooper riscontrò la presenza di malattie autoimmuni nel 19% dei pazienti di un gruppo di 57 soggetti affetti dalla malattia celiaca. Negli anni ‘80 è stato constatato come i celiaci manifestano una prevalenza di patologie endocrine di tipo autoimmune, quali il diabete insulinodipendente e le tiroiditi.

Diabete

La comorbilità tra celiachia e diabete mellito di tipo I rappresenta, ad oggi, l'associazione più documentata. Nei pazienti affetti da questa patologia è stata riscontrata una netta prevalenza della malattia celiaca silente rispetto alla popolazione generale. Approssimativamente il 5-10% dei pazienti affetti da diabete di tipo I presenta anticorpi TG positivi, ed è possibile osservare fino al 75% di pazienti che presentano anomalie alla biopsia intestinale. Diversi studi genetici hanno evidenziato una prevalenza degli aplotipi HLA DQ2, DQ8 e DR3. In particolare, DQ2 e DQ8 sono stati riscontrati, rispettivamente, nel 90% e nell'8-10% dei soggetti con malattia celiaca. Pertanto, l'associazione fra le due malattie è probabilmente in gran parte causata dal rischio genetico condiviso. Infatti, il 33% dei pazienti affetti da diabete di tipo I omozigoti per DQ2 risultano positivi per gli autoanticorpi TG. Al contrario, solo l'1% dei pazienti affetti da diabete mellito di tipo I, che non presentavano aplotipi DQ2 e DQ8, mostravano anticorpi correlati alla malattia celiaca. I pazienti affetti da diabete di tipo I che presentano anticorpi correlati alla malattia celiaca possono essere identificati all'esordio della patologia diabetica. Ciò implica che le due condizioni patologiche potrebbero svilupparsi contemporaneamente o in arco temporale paragonabile. In alcuni pazienti, la diagnosi di celiachia potrebbe precedere la diagnosi di diabete. In uno studio che si proponeva di valutare il rischio di manifestare diabete di tipo I in 9243 soggetti celiaci, è stato appurato che il rischio di sviluppare questa patologia era quasi 4 volte superiore rispetto alla popolazione sana. Considerazioni analoghe a questa hanno condotto alla formulazione di ipotesi che prevedono una eziologia ambientale comune per celiachia e diabete di tipo I. Dal momento che la causa ambientale che porta all'insorgenza della celiachia è nota (il glutine), è stato ipotizzato che il glutine abbia un ruolo chiave nello sviluppo del diabete di tipo I. Diversi studi prospettici compiuti su bambini ad alto rischio di sviluppare entrambe le patologie hanno mostrato che l'introduzione del glutine prima del quarto mese di vita è fortemente associata allo sviluppo di patologie autoimmuni correlate a entrambe le condizioni patologiche in esame. Al contrario, i trials clinici compiuti per prevenire il diabete su pazienti trattati con una dieta priva di glutine non hanno mostrato alcuna efficacia nel ritardare l'insorgenza del diabete. La relazione fra le due patologie, quindi, appare estremamente complessa. Mantenere una dieta priva di glutine anche nei pazienti diabetici appare di fondamentale importanza, specialmente nel trattamento del diabete di tipo I, una patologia già peraltro gravata da uno stretto rigore alimentare. Attualmente, la American Diabetes Association raccomanda di effettuare lo screening per valutare la presenza di autoanticorpi correlati alla malattia celiaca alla diagnosi di diabete e in presenza di segni o sintomi indicativi di celiachia.

Tiroide autoimmune

Alcuni dei fattori genetici alla base della malattia celiaca giocano un ruolo importante anche nella patogenesi della malattia tiroidea autoimmune. In uno studio compiuto su 104 pazienti affetti dalla tiroidite di Hashimoto, il 7,6% è risultato positivo agli autoanticorpi TG e il 4,8% ha mostrato biopsie compatibili con la diagnosi di celiachia. Nello stesso report, i ricercatori hanno studiato 184 pazienti celiaci e per 22 di questi, corrispondenti al 12% del totale, è stata confermata una diagnosi di ipotiroidismo, con un 21% di positività agli anticorpi associati alla malattia tiroidea. In corso di tiroidite si formano autoanticorpi diretti contro proteine presenti nella ghiandola tiroidea: la tireoglobulina, molecola da cui poi la tiroide produce gli ormoni veri e propri (T4 e T3), e la tireoperossidasi, enzima che serve alla sintesi di tali ormoni. Analogamente a quanto fanno nell'intestino gli anticorpi antitransglutaminasi, gli anticorpi antitiroide "attaccano" la ghiandola tiroidea provocando una progressiva riduzione della sua funzionalità causando l'insorgenza dell'ipotiroidismo. I sintomi sono costituiti da bassa statura, affaticabilità, aumento ponderale, rallentamento dei movimenti e delle capacità di ragionamento. ale quadro clinico si instaura progressivamente e può essere diagnosticato precocemente rilevando la presenza di anticorpi anti-tiroide prima ancora che la funzionalità tiroidea sia compromessa. Ad oggi non è possibile bloccare la produzione di autoanticorpi; iniziare la terapia adeguata con ormoni tiroidei, però, impedisce la comparsa dei sintomi di ipotiroidismo. L'associazione fra malattia celiaca e ipotiroidismo è importante dal punto di vista clinico; celiachia e ipotiroidismo si possono presentare, infatti, con letargia, anemia macrocitica, astenia, disturbi intestinali e malassorbimento. Un ipotiroidismo non trattato può mascherare la perdita di peso e la diarrea, sintomi classici della celiachia, che possono evidenziarsi solo dopo la somministrazione di tiroxina.

Sindrome di Turner e sindrome di Down

è stato constatato che la malattia celiaca si presenta con frequenza elevata nei pazienti affetti da sindrome di Turner e sindrome di Down. In particolare, gli anticorpi correlati alla celiachia sono presenti nel 4-6% delle bambine colpite dalla sindrome di Turner. Le linee guida recentemente pubblicate per il management delle bambine affette da tale sindrome raccomandano di effettuare uno screening per la celiachia all'età di quattro anni attraverso la misurazione degli autoanticorpi TG. è raccomandabile ripetere lo screening ogni 2-5 anni. Nei pazienti con sindrome di Down, la celiachia viene solitamente diagnosticata durante l'infanzia e in percentuali pari al 7-16%. Molti di questi bambini risultano completamente asintomatici o presentano una sintomatologia lieve riferibile alla celiachia. Le linee guida che supportano la pratica clinica raccomandano uno screening all'età di 2-3 anni che dovrà essere ripetuto durante l'adolescenza.

Dieta priva di glutine

Una dieta completamente priva di glutine è considerata, ad oggi, il miglior trattamento contro la celiachia. Esistono, inoltre, alcune controversie riguardanti l'assunzione di avena nella dieta e la possibilità che si possa creare una cross-contaminazione fra avena e glutine, ma la maggior parte delle evidenze scientifiche nega tale possibilità di contaminazione. In ogni caso, il consulto con un dietologo risulta di particolare importanza; dopo aver stabilito una risposta positiva a una dieta priva di glutine, il paziente può essere introdotto ad una dieta che contempli l'assunzione di una limitata quota di avena settimanale. Il rischio più evidente nel quale i pazienti celiaci possono incorrere è che l'avena commerciale introdotta nella dieta possa essere contaminata da proteine del grano sicuramente tossiche. Anche la completa esclusione del glutine dalla dieta non è facile da realizzare, in quanto i cereali non permessi ai celiaci si ritrovano in moltissimi prodotti alimentari ed il rischio di contaminazione accidentale da glutine è spesso presente nei processi di lavorazione dell'industria alimentare. Da qui la necessità di suddividere gli alimenti in "permessi", "a rischio" e "vietati". Tale suddivisione è stata effettuata considerando per ogni prodotto alimentare l'ingredientistica ed il processo di lavorazione, quindi la possibile contaminazione crociata da glutine.

Detossificazione del glutine

Una delle strade più promettenti per migliorare la qualità di vita dei pazienti celiaci, permettendo loro l'ingestione occasionale di glutine, sembra essere l'utilizzazione di un enzima in grado di digerire gli epitopi tossici altamente resistenti. Infatti, le prolil-endo-peptidasi di varie specie batteriche e non, da sole o in associazione, permetterebbero di ottenere la detossificazione del glutine, realizzando la cosiddetta "glutenase therapy". Altre strategie sono mirate al blocco degli effetti tossici del glutine. è stato dimostrato, infatti, come la transamidazione della farina di frumento con un enzima alimentare e un appropriato donatore di amine possano essere impiegati per bloccare l'attività della gliadina mediata dalle cellule T.

La zonulina

Un ulteriore e promettente trattamento della celiachia sembra venire dalla zonulina, una proteina responsabile dell'incremento della permeabilità intestinale osservato nella malattia celiaca. La zonulina esplica la sua azione regolatrice della permeabilità epiteliale attraverso una modulazione delle giunzioni serrate tra cellule contigue. La maggior parte delle conoscenze sulla zonulina deriva dallo studio di un suo omologo batterico, la tossina colerica ZOT, o zonula occludens toxin. Le infezioni o i danni meccanici e chimici possono causare un aumento della permeabilità della mucosa intestinale facilitando l'ingresso nella regione subepiteliale dei peptidi del glutine introdotto con la dieta. I peptidi del glutine incontrano la tTG che è rilasciata dall'endotelio, dai fibroblasti e dalle cellule infiammatorie. Il cross-linking del glutine ad opera della tTG potenzia la sua captazione, scatenando una vigorosa risposta delle cellule T che induce un processo infiammatorio, un rimodellamento dei tessuti e la produzione di anticorpi. L'infiammazione stimola l'ulteriore rilascio di tTG, formando così un circolo vizioso. L'importanza della zonulina come ormone della permeabilità è sottolineata da recenti dati che ne dimostrano un'iperespressione nella mucosa di soggetti celiaci in fase acuta. Alterazioni della permeabilità intestinale sono state descritte anche in soggetti con diabete insulino dipendente e con malattia di Crohn. è possibile che in tutte queste condizioni l'inibizione della zonulina consenta di prevenire l'aumento di permeabilità e l'evoluzione della malattia. Recentemente, è stato analizzato un inibitore della zonulina, AT-1001, in uno studio randomizzato in doppio cieco compiuto su pazienti ospedalizzati al fine di determinare la sua sicurezza, tollerabilità ed efficacia. I dati raccolti suggeriscono come AT-1001 sia ben tollerato dall'organismo e in grado di ridurre le disfunzioni indotte dal glutine alla permeabilità intestinale, la produzione di citochine e la sintomatologia gastrointestinale nei pazienti affetti dalla celiachia.

Inibizione della presentazione antigenica mediata da DQ2

Dal momento che la malattia celiaca risulta dal legame fra i peptidi deamidati di gliadina alla DQ2, il blocco di tale sito di binding appare teoricamente una opzione terapeutica per trattare la malattia celiaca. Attualmente sono in corso numerosi studi pilota che prevedono l'utilizzazione di peptidi modellati sugli antigeni naturali del glutine o in forma di peptidi ciclici o dimerici che mimano l'azione di alcune sequenze tossiche.

La malattia celiaca può essere prevenuta?

Recenti evidenze di letteratura suggeriscono come i primi mesi di vita siano cruciali per lo sviluppo della malattia celiaca. Durante questo breve lasso temporale, una complessa interazione di fattori ambientali, non solo legati alla dieta ma anche alle infezioni, modula la risposta immunitaria all'introduzione del glutine nell'alimentazione nei neonati geneticamente predisposti, orientandola verso la tolleranza o, al contrario, verso lo sviluppo dell'autoimmunità celiaca.

Il ruolo del latte materno

Il ruolo protettivo del latte materno è stato proposto più di 50 anni fa da molti scienziati. La maggior parte delle indagini effettuate successivamente, compiute con metodologie differenti e difficilmente paragonabili, hanno confermato una correlazione fra la durata dell'allattamento e lo sviluppo della malattia celiaca al punto che, sulla base dei risultati di recente meta-analisi, l'effetto protettivo del latte materno è stato universalmente accettato.

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