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EMORROIDI: QUANDO IL CONSIGLIO IN FARMACIA FA LA DIFFERENZA
Entrano spesso a voce bassa, come se il disagio dovesse sussurrarsi: “Sanguina un po’, prude, mi fa male quando vado in bagno”. Dietro le parole pronunciate a mezza voce c’è una delle condizioni più comuni e sottovalutate che incontriamo al banco: la malattia emorroidaria. Negli Stati Uniti interessa circa dieci milioni di persone e, facendo le dovute proporzioni, in Italia il disturbo potrebbe interessare circa due milioni di cittadini. È dunque un problema frequente, che impatta la qualità di vita, e per molti resta un tabù: un mix perfetto per ritardare cure efficaci e trasformare un disturbo gestibile in una storia lunga e faticosa da superare. È proprio qui che il farmacista può cambiare il copione.
La prima svolta, racconta JAMA, sta nelle cose semplici fatte bene e fatte presto. Ammorbidire le feci, togliere di mezzo lo sforzo, accorciare i “tempi in toilette”, riportare fibra e acqua al centro della routine. Le raccomandazioni internazionali confermano che l’approccio di prima linea nella malattia emorroidaria deve basarsi su 20–30 grammi di fibra al giorno, assunti attraverso la dieta o, se necessario, con integratori specifici, sempre in associazione a un’adeguata idratazione. L’obiettivo è ridurre la consistenza delle feci e limitare lo sforzo evacuativo, fattori centrali nella genesi e nella recidiva dei sintomi.
In questo contesto, il ruolo del farmacista è determinante: trasformare raccomandazioni generali in piani di gestione personalizzati, valutando la tollerabilità dei diversi preparati a base di fibre, sottolineando l’importanza di un apporto idrico sufficiente ed elaborando strategie concrete di aderenza. In tale direzione, può essere utile, per esempio suggerire momenti ben precisi della giornata in cui integrare la fibra. Ecco allora che indicazioni apparentemente teoriche si traducono in cambiamenti effettivi dello stile di vita, con impatto diretto sulla sintomatologia.
Accanto alle fibre e alle modifiche comportamentali, la letteratura include l’impiego dei flebotonici (ad esempio flavonoidi come diosmina ed esperidina o estratti vegetali quali l’ippocastano). Pur non rappresentando una soluzione definitiva, questi composti hanno mostrato efficacia nel ridurre sanguinamento, prurito e altri sintomi nel breve termine. È tuttavia necessario proporli con chiarezza e realismo, sottolineando i benefici documentati ma anche i limiti dell’evidenza disponibile, in modo da gestire le aspettative del paziente e promuovere un utilizzo appropriato.
In questo senso il farmacista diventa il traduttore dell’evidenza scientifica. Importante è non lasciare che il paziente pensi a un rimedio miracoloso, ma occorre presentare i prodotti e gli integratori spiegando sia benefici attesi, sia i loro eventuali limiti. Una chiarezza che, paradossalmente, rafforza la fiducia: chi riceve un consiglio che reputa veritiero sarà più incline a seguirlo, a tornare in farmacia, a costruire un rapporto di prevenzione duraturo.
Oltre alle modifiche dietetiche e ai supporti farmacologici sistemici, la gestione quotidiana dei sintomi ha un peso decisivo e vede, ancora una volta, il farmacista in prima linea.
Nelle fasi acute, ad esempio in caso di trombosi emorroidaria esterna nelle prime giornate, è possibile intervenire con analgesici appropriati, bagni tiepidi ad azione decongestionante, preparazioni topiche ad effetto lenitivo e consigli posturali mirati, spiegando che nella maggior parte dei casi la sintomatologia più intensa tende a regredire spontaneamente entro pochi giorni.
Ugualmente importante è vigilare sull’uso dei corticosteroidi topici: trovano indicazione in cicli brevi e mirati, ma l’impiego protratto non solo riduce l’efficacia clinica, bensì può indurre irritazione cutanea e peggiorare il quadro locale.
Compito del farmacista è richiamare il paziente a un utilizzo consapevole e temporaneo, indirizzandolo verso un controllo medico se i sintomi persistono.
Infine, non va sottovalutato il peso delle abitudini comportamentali: tempi e modalità di evacuazione incidono direttamente sull’evoluzione della malattia. Educare a non permanere a lungo in bagno, a evitare lo sforzo e a favorire la defecazione in posizione più fisiologica (ad esempio con un lieve rialzo dei piedi) significa tradurre la scienza in gesti quotidiani, capaci di ridurre i sintomi e prevenire recidive.
Attenzione al sanguinamento
Tra i sintomi più frequenti, il sanguinamento rettale merita un’attenzione particolare.
Non è mai un segnale da minimizzare o archiviare in fretta, perché dietro lo stesso quadro clinico si possono celare condizioni molto diverse tra loro: dalle semplici fissurazioni anali alle proctiti; dalle malattie infiammatorie croniche intestinali fino, nei pazienti in età o con fattori di rischio, a lesioni neoplastiche. È per questo che le linee guida sottolineano con forza l’importanza di un’anamnesi accurata, di un esame obiettivo completo, dell’anoscopia e, quando indicato da età o sintomi di allarme, della colonscopia. Non si tratta di indagini “accessorie”, ma di strumenti indispensabili per evitare diagnosi mancate o ritardi potenzialmente gravi.
In questo contesto il farmacista può giocare un ruolo di filtro prezioso: raccogliere con attenzione la descrizione del sintomo, valutare la sua persistenza o eventuali variazioni, e incoraggiare il paziente a rivolgersi al medico quando la situazione lo richiede. Una frase semplice, da ripetere con chiarezza, può valere più di qualsiasi prodotto da banco: “se il sanguinamento persiste o cambia, va rivalutato”. È un counselling che non solo orienta, ma può letteralmente salvare vite.
L’approccio chirurgico
Quando i sintomi insistono nonostante le misure conservative, c’è una procedura d’elezione in ambulatorio: la legatura elastica con rubber band (RBL).
Si tratta di un intervento chirurgico “maggiore”, ma una procedura ambulatoriale minimamente invasiva che si esegue, senza anestesia generale, applicando tramite un anoscopio un piccolo elastico alla base del gavocciolo emorroidario interno. L’elastico blocca l’afflusso di sangue: il tessuto emorroidario va incontro a necrosi e, nel giro di alcuni giorni, cade spontaneamente. In questo modo si riducono i sintomi (sanguinamento, prolasso, prurito).
La legatura elastica con rubber band rappresenta oggi la procedura di riferimento per la malattia emorroidaria interna di grado I–III. È apprezzata perché riesce a coniugare in modo raro efficacia e semplicità: pochi minuti in ambulatorio, nessuna anestesia generale, un ritorno quasi immediato alle attività quotidiane.
Non elimina del tutto il rischio di recidiva e talvolta richiede più sedute, ma nella maggior parte dei casi offre un netto miglioramento dei sintomi con un impatto minimo sulla vita del paziente.
Esistono alternative, come la scleroterapia e la fotocoagulazione a infrarossi, che trovano spazio in casi selezionati o quando la legatura elastica non è praticabile. Tuttavia, nei quadri più avanzati - il grado IV o le recidive resistenti - la scena torna a essere occupata dalla chirurgia vera e propria.
L’emorroidectomia escissionale rimane la tecnica più radicale e definitiva, ma al prezzo di un decorso post-operatorio doloroso e impegnativo.
Altre soluzioni, come la stapled hemorrhoidopexy o la legatura arteriosa guidata da Doppler, cercano invece di bilanciare efficacia e qualità della vita, riducendo dolore e tempi di recupero, pur a fronte di un rischio di recidiva maggiore.
In tutto questo percorso, il farmacista non è certo chiamato a scegliere l’atto terapeutico, ma ha comunque un ruolo tutt’altro che secondario, essendo spesso la voce che traduce il linguaggio specialistico in parole comprensibili, che aiuta il paziente a capire cosa significhi sottoporsi a una procedura piuttosto che a un’altra, come prepararsi, cosa aspettarsi nel post-trattamento e, soprattutto, quando tornare dal medico. È un ruolo di accompagnamento che fa la differenza: un paziente informato affronta con meno paura le procedure e aderisce meglio alle cure, riducendo ansia e false aspettative.
Le linee guida ASCRS 2024
Accanto alla review di JAMA, un punto di riferimento imprescindibile è rappresentato dalle linee guida 2024 dell’American Society of Colon and Rectal Surgeons (ASCRS), che sintetizzano le migliori evidenze disponibili e orientano la pratica clinica internazionale.
Il documento mette in ordine alcune certezze che il farmacista può trasferire al banco. Anzitutto, è bene ricordare che non tutto ciò che sanguina è emorroidario: la valutazione clinica resta indispensabile e, in presenza di persistenza o variazione del sintomo, il rinvio al medico è la condotta più appropriata. In seconda battuta, la gestione iniziale è fondata su misure comportamentali e nutrizionali, non su soluzioni cosmetiche o rimedi improvvisati. Anche secondo le linee guisa, se la corretta alimentazione e l’integrazione non bastano, la legatura elastica rappresenta la procedura ambulatoriale di riferimento per le forme interne fino al grado III; e nei casi più avanzati o refrattari, la chirurgia diventa un’opzione reale, che va spiegata con chiarezza, senza demonizzazioni. Infine, le linee guida insistono sul valore del follow-up educativo: chi comprende le cause delle recidive e modifica le abitudini ha molte più probabilità di ridurre la frequenza degli episodi.
Rispetto al disagio sociale e alle limitazioni quotidiane che il disturbo comporta, ve sempre ricordato che non c’è nulla di “minore” nella malattia emorroidaria quando essa compromette lavoro, sonno o attività quotidiane. Per questo, anche il linguaggio in farmacia deve essere semplice ma fermo: ammorbidire le feci, ridurre lo sforzo evacuativo, limitare i tempi in bagno, mantenere una buona idratazione, scegliere fibre realmente utilizzabili dal paziente. Indicazioni di base che, se comunicate con rigore, diventano strumenti concreti di prevenzione e gestione.
E quando le misure conservative non bastano, il farmacista può assumere un ruolo chiave come ponte verso lo specialista, accompagnando il paziente con informazioni chiare su rischi, benefici e tempi di recupero delle procedure. In questo modo non si limita a consigliare, ma contribuisce a restituire al paziente una quotidianità libera da limitazioni.
I dati riportati dalla la review JAMA sono davvero molti e meritano un più ampio approfondimento. Se dovessimo condensare in un solo messaggio, questo suonerebbe così: comincia presto, punta sulle basi, valuta con attenzione, non avere timore di indirizzare alla procedura quando serve. È una strategia che rispetta l’evidenza e la persona e che, soprattutto, funziona.
Fonti principali per approfondire
• JAMA. Hemorrhoidal Disease: A Review. 2025. (sintesi e raccomandazioni su epidemiologia, diagnosi, terapia)
• PubMed (scheda della review JAMA, estratto con punti-chiave su prima linea terapeutica e RBL).
• ASCRS. Clinical Practice Guidelines for the Management of Hemorrhoids. 2024 (PDF ufficiale, metodologia GRADE, indicazioni pratiche).
• JAMA Clinical Reviews (podcast): consigli pratici su fibra e idratazione per la gestione di prima linea.




