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7 - Terapie farmacologiche - Farmacogenetica e ipertensione arteriosa

08 aprile 2010
di
Rif. rivista Maggio 2010

Lo studio dei geni bersaglio dei farmaci anti-ipertensivi aiuterà i medici ad individuare il trattamento adatto alla cura della patologia: "il farmaco giusto per il giusto paziente".

Non è possibile conoscere con precisione la risposta ad un tipo di trattamento farmacologico anti-ipertensivo: le risposte differiscono sensibilmente da paziente a paziente, anche in base alla componente genetica che esercita un ruolo fondamentale nel determinare la variabilità nella risposta ai farmaci. Gli studi di farmacogenetica portano ad una nuova strategia: sviluppare e utilizzare terapie farmacologiche personalizzate, per conoscere a priori quale, tra i diversi principi attivi a disposizione, avrà l'effetto migliore e il suo dosaggio ottimale.

è difficile definire dei valori pressori assoluti tali da classificare la gravità dell'ipertensione, poiché le diversità dei pazienti rendono oggettivi i limiti imposti da una classificazione. è ciò che emerge dalle Linee Guida europee per il trattamento dell'ipertensione (2007). Il quadro è piuttosto complesso, considerando che in Italia le malattie cardiovascolari ricoprono il 40% circa delle cause di mor talità e che si impone sempre più la necessità di terapie volte alla prevenzione piuttosto che alla cura. E' dimostrata da numerosi studi clinici l'efficacia dei trattamenti anti.ipertensivi nella riduzione della mortalità e nel miglioramento dello stato di salute del cardiopatico. Quando l'ipertensione arteriosa è lieve e il rischio cardiovascolare piuttosto basso, si tende a preferire le monoterapie, mentre per quadri più complessi, spesso si richiedono terapie di associazione di farmaci. Queste ultime prevedono generalmente dosaggi inferiori dei principi attivi, riducendone gli effetti collaterali e i fenomeni di tossicità, sebbene questo tipo di terapia obblighi il paziente ad assumere un maggior numero di compresse. Inoltre, nonostante i farmaci siano prescritti in ragione della loro dimostrata efficacia esistono casi in cui i pazienti, non rispondendo positivamente ad una terapia farmacologica, si trovano costretti a sostituirla o integrarla, fino a trovare il trattamento adatto. Questi elementi rappresentano certamente una fonte di preoccupazione e di frustrazione per il paziente che, non avvertendo miglioramenti a seguito della terapia, può cadere in stati di rassegnazione e sfiducia. Non è dunque possibile conoscere con precisione la risposta ad un tipo di trattamento farmacologico; i trattamenti terapeutici differiscono sensibilmente da paziente a paziente, per alcuni sono ridotti o assenti laddove per altri por tano al pieno recupero. Un paziente con un metabolismo
rapido può richiedere, ad esempio, dosi più elevate e più frequenti per raggiungere le concentrazioni terapeutiche; invece un paziente con un metabolismo lento può avere bisogno di dosi più basse e meno frequenti per evitare la tossicità. Questo aspetto, che rappresenta uno dei maggiori problemi delle terapie far macologiche anti-ipertensive, è in par te spiegato dall'ereditarietà dei caratteri.
La componente genetica esercita infatti un ruolo fondamentale nel determinare la variabilità farmacocinetica (il destino dei farmaci nell'organismo) e farmacodinamica (il loro effetto terapeutico).

Il ruolo dei geni

Intorno alla metà degli anni cinquanta, si è quindi cominciato a pensare che anche la risposta ai farmaci potesse essere regolata, almeno in parte, dai geni e che la variabilità di reazione a un certo principio attivo fosse una conseguenza delle diversità genetiche. è largamente riportato in letteratura scientifica, che nella cura dell'iper tensione gli afro-americani, così come i caucasici, rispondano positivamente al trattamento con calcio antagonisti e diuretici e meno bene a quello con beta-bloccanti e ACE inibitori. Si tratta di elementi che vanno tenuti sempre più in considerazione in una realtà multietnica come la nostra, allo scopo di modulare le possibili strategie di intervento; la crescente tendenza all'iper tensione nelle minoranze etniche è dovuta non solo all'adozione di stili di vita poco salutari, ma anche ai suddetti fattori genetici. Si ritiene infatti che nella maggior parte dei geni umani ci siano delle diversità strutturali, sviluppatesi nel corso dell'evoluzione, che possano determinare differenze nella loro espressione. Queste variazioni nella sequenza di DNA danno luogo a diversità tali da modificare la risposta far macologica di un individuo e quando sono presenti almeno nell'1% della popolazione, vengono definite polimor fismi. Per semplificare: quando un farmaco entra nell'organismo deve essere distribuito, metabolizzato e infine espulso; i geni sono responsabili del controllo di questo percorso e le diverse possibilità di interazione con i farmaci sono determinate proprio da questi polimor fismi. Il profilo genetico di un individuo determina quindi sia le caratteristiche dei bersagli dei farmaci che delle proteine coinvolte nel processo di assorbimento
e metabolismo.

Prevedere con la farmacogenetica

Questa è la prospettiva di una nuova strategia: sviluppare e utilizzare terapie farmacologiche personalizzate che mettano il medico nelle condizioni di sapere a priori se un particolare farmaco verrà tollerato dal paziente e quale tra i diversi principi attivi a disposizione, avrà l'effetto migliore e il dosaggio ottimale. Si tratta di una tra le possibili applicazioni della far macogenetica, definita come "lo studio della variabilità della risposta individuale al far maco legata all'ereditarietà e alle caratteristiche genetiche personali e familiari". Nell'iper tensione ar teriosa i geni codificanti le proteine bersaglio dei far maci anti-iper tensivi sono ovviamente i candidati per gli studi di farmacogenetica. L'obbiettivo è quello di identificare profili genetici cui corrisponda un adeguato trattamento anti-ipertensivo, in modo da orientare la scelta terapeutica con un miglior esito clinico, una minore incidenza di reazioni avverse e probabili benefici anche dal punto di vista economico.Poiché il genoma umano è stato interamente sequenziato e si conoscono più di 5 milioni di variazioni della sua sequenza, è possibile ottenere una sorta di banca dati con le sequenze di riferimento, con le quali confrontare l'analisi del DNA dei singoli pazienti, ottenuta tramite tecniche di
laboratorio sempre più di routine. Questi studi rappresentano il primo passo verso terapie paziente-specifiche, "il giusto far maco per il giusto paziente". Tuttavia, sappiamo bene come il fenotipo
non sia deter minato solo dai geni ma ad esso contribuiscano anche fattori ambientali e sociali. La compliance, la biodisponibilità, l'interazione farmaco-farmaco e farmaco-alimento sono anch'essi responsabili della risposta di un individuo all'assunzione di farmaci. è chiaro dunque come non si possa avere la cer tezza che la farmacogenetica e le previsioni di risposta a terapie anti-iper tensive diano garanzie di successo al 100%. Ovviamente la famacogenetica non sarà che uno strumento di prevenzione, con la finalità di por tare gradualmente dall'intervento medico alla diagnosi e dalla terapia alla prevenzione: saranno comunque i medici a decidere la terapia più oppor tuna per i pazienti considerando i diversi aspetti che entrano in gioco nel corso di una cura.

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