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12 marzo 2010
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Rif. rivista Marzo - Aprile 2010

I benefici dello sport praticato a grandi altezze. Come l'organismo si adatta ad un ambiente scarsamente ossigenato e i benefici delle modifiche strutturali che ne conseguono.

Il primo concetto che si deve esporre quando si parla di sport praticati a grandi altezze è sicuramente quello definito con il termine di acclimatazione. Causa principale di questo fenomeno, nel quale è implicato tutto l'organismo umano, è la ridotta pressione parziale di ossigeno. La conoscenza dei segni e dei sintomi che può generare una ipossia acuta (per escursionisti occasionali) o cronica (causata dalla permanenza per lunghi periodi fino all'intera vita per alcune popolazione in zone ad altitudine elevata) è infatti la principale "arma di difesa" attraverso la quale sia possibili pianificare uno nuovo stile di vita. Se consideriamo che per popolazione autoctone originarie della catena himalayana si parla di un fenomeno di acclimatazione naturale imposto dalle condizioni di vita fin dalla nascita per ogni soggetto proveniente da altri territori dobbiamo considerare un fenomeno di acclimatazione acquisita. Adattarsi ad un clima rigido e scarsamente ossigenato comporta delle modifiche strutturali nel nostro organismo Da un lato un adattamento precoce causato dalla variazione nella struttura proteica all'interno del meccanismo ossido riduttivo; dall'altro lato una più profonda modifica a livello genico nel caso di un adattamento prolungato. Esiste tuttavia un limite oltre il quale anche la fisiologia umana non può più compensare le variazioni climatiche sottolineato in letteratura come una soglia che si aggira intorno ai 4500 metri sul livello del mare. Possiamo considerare principalmente quattro variabili a livello atmosferico: pressione barometrica, densità dell'aria, umidità e viscosità. Mentre le prime tre sono in netta discesa all'aumentare dell'altitudine l'ultima è proporzionale alla quota di ascesa. In aggiunta alle fisiologiche difficoltà che queste componenti inducono negli scambi respiratori non possiamo dimenticare il brusco calo della temperatura.

Le variazioni extrapolmonari

Le variazione fisiologiche del corpo umano ad alta quota non comprendo ovviamente solo problematiche di carattere respiratorio: l'ipossia acuta che si raggiunge tanto più in fretta quanto più ci si allontana dal livello del mare induce come prima conseguenza una iperventilazione che può in taluni casi raggiungere i 20 litri al minuto (circa 7000 m slm). Variazioni si ritrovano quindi nel controllo dell'equilibrio acido-base, a livello del gradiente alveolo arterioso e della capacità intrinseca del polmone di scambiare ossigeno. Nello stesso modo variazioni si riscontrano sulla composizione del sangue con adattamenti cardio-circolatori, nel metabolismo aerobico e quindi in definitiva modificazioni strutturali e ultrastrutturali a livello muscolo-scheletico. In particolare, studi eseguiti su soggetti campione valutati in una finestra temporale di circa 120 giorni con periodiche escursioni comprese tra i 4000 e gli 8000 metri hanno dimostrato come l'apparato muscolare subisca notevoli variazioni. Riduzione della massa muscolare con picchi che possono raggiungere meno il 10% del volume di partenza, riduzione di circa 1/4 della densità volumetrica dei mitocondri ed esponenziale incremento della lipofuscina e cellule satellite (valutazione tramite biopsia muscolare). Tali modificazioni possono essere considerate come l'espressione dell'ipossia acuta causata in soggetti normali che vengono a contatto con situazioni estreme. Il confronto, tuttavia, con popolazione autoctone originarie degli altopiani tibetani non ha mostrato differenze altamente significative: esse infatti mostrano una simile riduzione e sostituzione ultrastrutturale a livello muscolare. Quello che varia è il meccanismo con il quale si verifica questa straordinaria variazione strutturale: mentre nei soggetti di controllo originali da zone pianeggianti la "sostituzione mitocondriale" avviene attraverso modificazioni rapide, evidenza di un diverso processo proteico, nelle popolazioni originarie del Tibet questo avviene attraverso una modificazione dell'espressione genomica/genica: questo è stato possibile dimostrarlo nel momento in cui popolazioni trasferite in zone pianeggianti (seconda generazione) hanno mostrato la stessa densità volumetrica dei nativi del Tibet.

Allenarsi in altura

Poste queste basi quali possono essere i vantaggi dell'allenamento in condizioni di moderata ipossia? Prendendo come palestre naturali gli altopiani dell' Africa Orientale, compresi tra i 1500 e i 2000 metri sul livello del mare, come si spiega la maggior resistenza a sport da durata (es. maratona) delle popolazioni autoctone rispetto a chi si allena in zone pianeggianti? Gli studi riguardanti gli allenamenti ad alta quota sono stati negli ultimi anni oggetto di numerose valutazioni e al centro di diversi dibattiti nella comunità scientifica internazionale. Ipotizzando variazioni sul metabolismo basale soprattutto a livello della capacità glicolitica si è riscontrato una discreta capacità di migliorare le proprie prestazioni sportive dopo allenamento ad alta quota, per quello che concerne attività sportive di media bassa durata di tempo. Resta tuttavia un dato che non coincide con le aspettative: se infatti fino agli anni novanta non si riusciva a trovare una netta differenza tra gli allenamenti svolti ad alta quota con quelli svolti a livello del mare ora le tendenze si sono lievemente modificate. Non è certo facile condensare in poche righe concetti di fisica, biomeccanica e fisiopatologia, derivati da studi che hanno coinvolto per più di un decennio diverse equipe internazionali. Tralasciando momentaneamente i concetti di fisiologia pura quello che emerge dagli ultimi lavori in letteratura è quando segue: non possiamo ammettere che esista una così netta variazione tra i nativi del posto e i soggetti controllo posti ad allenamento sportivo a quote estreme. Le modificazioni che si verificano a livello strutturale e ultrastrutturale sembrano non mostrare una così netta discrepanza tra i due gruppi. Quello che invece si è assolutamente osservato è una variazione sulla produzione e quindi sulla concentrazione plasmatica di emoglobina in soggetti che si sono allenati alternativamente per brevi peridi ad altezze medie (1500-2000 m) e periodi di allenamento al livello del mare. La variazione di pressione d'ossigeno, le condizioni climatiche altalenanti alle quali lo sportivo è necessariamente sottoposto hanno mostrato come si attuano le prime modificazioni a livello del circolo sanguigno con quindi un netto aumento del trasporto di ossigeno e di ossigenazione dei muscoli senza tuttavia riscontare la diminuzione volumetrica della concentrazione mitocondriale e senza che vi sia una riduzione di massa muscolare. Gli allenamenti ad alta quota sono utili per aumentare le prestazioni sia in competizione di breve che di media durata ma danno una resa ottimale se abbinati ad intervalli di tempo nei quali il soggetto si allena a livello del mare La fisiologia umana varia se si considera una popolazione autoctona locale proveniente dalle catene montuose più alte del mondo rispetto ad individui che sono solo di "importazione": considerando la statica polmonare ad esempio si può mettere in luce come i nativi del luogo presentino un volume polmonare aumentato (soprattutto nella frazione di volume residuo). Dato altrettanto interessante si osserva nei soggetti di controllo sottoposti a periodi di acclimatazione con una riduzione della capacità vitale polmonare a volume polmonare totale invariato.

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