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1 - Tavolo di confronto per la spesa farmaceutica - Patto per la salute - Interessi contrapposti

12 marzo 2010
di
Rif. rivista Marzo - Aprile 2010

Patto per la salute: il piano delle Regioni prevede anche la distribuzione diretta dei generici, che sarebbero acquistati dalle Asl in base a gare con le industrie produttrici. Le reazioni della filiera del farmaco e le possibili alternative.

Si è aperto mercoledì 10 dicembre l'atteso tavolo di confronto sulla spesa e l'assistenza farmaceutica convocato dal ministro Ferruccio Fazio e previsto dal Patto per la salute 2010-2012. Al tavolo partecipano tre rappresentanti delle Regioni, già pronti con le loro proposte, le rappresentanze dei dicasteri di Salute, Economia, Sviluppo economico, nonché l'Aifa e l'Agenas (Agenzia per i servizi sanitari regionali). Presenti anche tutte le categorie della filiera del farmaco: industria, farmacisti e grossisti. Invitato anche l'Ordine dei medici. Obiettivo del tavolo è dare attuazione alle indicazioni contenute nel Patto per la salute. Prima tra tutte il controllo della spesa farmaceutica complessiva a carico dello Stato, che dovrà rispettare i tetti previsti: 13,9 miliardi di euro per la spesa in farmacia (pari al 13,3% del totale della spesa sanitaria nazionale) e 2,5 miliardi nelle strutture ospedaliere. Il budget totale è quindi di 16,4 miliardi. Ma basteranno? Le Regioni mettono le mani avanti e dicono già di no, stimando per il 2010 un disavanzo di 600 milioni in farmacia e di ben 2,3 miliardi in ospedale. Come dire che, mentre in farmacia il tetto è pressoché corretto, nelle strutture ospedaliere si spenderà il doppio di quanto previsto dal Patto. Sulla base di queste stime, già prima della convocazione del confronto, le Regioni avevano avanzato le loro proposte e messo in allarme sia i farmacisti, sia l'industria. A breve ci saranno le elezioni regionali, ma non sembra che questo inciderà più di tanto sul documento approvato lo scorso 8 gennaio dal gruppo tecnico interregionale, approvato senza modifiche alla Commissione Salute e che ha espresso l'orientamento comune di tutte le Regioni, inevitabilmente favorevoli agli strumenti che consentiranno alle Asl di risparmiare sulla distribuzione farmaceutica. Ma a quale prezzo?

La proposta delle Regioni

Anzitutto, le Regioni propongono di allargare la distribuzione per conto anche ai generici, che verrebbero così dispensati in farmacia dopo che le singole Asl hanno concluso delle aste con le aziende produttrici per definire il prezzo di acquisto. La seconda misura ipotizzata prevede la riduzione dei margini dei grossisti. Poi si pensa ad una limatura dei listini degli off-label (quei farmaci utilizzati con indicazioni diverse da quelle per le quali sono stati registrati); alla contrattazione dei prezzi dei farmaci innovativi; alla riproposizione di un tetto di spesa unico e non più differenziato tra spesa territoriale (farmacia) e spesa farmaceutica ospedaliera. Vediamo, nel dettaglio, le motivazioni alla base di queste proposte. Il documento preparato dai tecnici parte da una costatazione rispetto alla quale non si può non essere d'accordo: "L'Italia è il terzo mercato europeo, ma l'ultimo in termini di Ricerca e Sviluppo: l'obiettivo deve essere quello di costruire una forte rete per rilanciare sviluppo e ricerca farmaceutica". Nelle premesse, quindi, l'obiettivo non è il contenimento dei costi fine sé stesso, bensì finalizzato a trovare risorse da investire in ricerca. Già gli antichi la chiamavano retorica. Ma, più che le motivazioni, contano i mezzi.

Generici

Il lavoro dei tecnici individua nei generici un elemento non ancora sfruttato al massimo delle proprie potenzialità di risparmio. L'attenzione sui generici da parte delle Regioni si era già vista fin dalla vicenda del "decreto Abruzzo". Il ragionamento ora è a grandi linee questo: "Il prezzo dei generici in Italia è superiore alla media dei prezzi Ue, il che apre diverse strade per un possibile risparmio". Il documento stima che riducendo prezzi e margini si potrebbero risparmiare almeno 2 miliardi senza nulla togliere alla qualità delle cure. "Certo ridurre per legge i listini del 60-70% non è possibile - ammettono i tecnici - ma quel che non può il taglio può il mercato". L'idea delle Regioni è dunque quella di acquistare con procedure di gara gli off-patentda affidare alla distribuzione per conto (in farmacia), godendo degli sconti medi del 70% già ottenuti per le forniture ospedaliere. In alternativa, la proposta è di consentire all'Aifa di bandire ogni due anni una gara per l'ammissione alla rimborsabilità dei primi tre o quattro prodotti che fanno il miglior prezzo: la concorrenza, secondo i tecnici delle Regioni, sarebbe così assicurata.

I grossisti

Oltre ai farmaci generici, le Regioni puntano il dito anche contro la distribuzione intermedia. Il documento afferma - con una strumentale non cognizione di causa - che attualmente i grossisti trattengono il 6,65% del prezzo al pubblico. Discorso delicato. Questa volta il ragionamento è: "Il prezzo non influisce sul costo di movimentazione che peraltro è sensibilmente ridotto grazie alle nuove tecnologie. Perché dunque non passare dalla percentuale fissa a una scalare rispetto al prezzo?".

Il ruolo dell'Aifa

Terzo punto della proposta dei tecnici regionali riguarda gli off-label. Nello specifico, il documento chiede che venga individuata, da parte dell'Aifa, una lista ad hoc e l'adozione di prezzi ridotti a fronte dei minori costi sostenuti dalle imprese in fase di registrazione. La contrattazione tra industrie farmaceutiche e l'Aifa è, come si può vedere, il punto cardine di tutto il progetto delle Regioni. Non a caso, un ampio capitolo delle proposte avanzate chiede una revisione normativa dei poteri dell'Agenzia italiana del farmaco, che dovrà essere incaricata di "Perseguire obiettivi di qualità, appropriatezza terapeutica e soddisfazione del bisogno salute, in un sistema che deve mantenere un proprio equilibrio economico-finanziario". Anche rispetto ai listini dei farmaci innovativi l'Aifa dovrebbe, secondo le Regioni, rinegoziare il prezzo con criteri di risk sharing o pay for result.

Ritorno al tetto di spesa unico

Infine, una ricetta per lo sforamento ipotizzato del tetto previsto per la spesa farmaceutica ospedaliera che, secondo le previsioni dei tecnici, dovrebbe risultare doppia rispetto al budget fissato (le cure in ospedale costerebbero 4,8 miliardi di euro contro i 2,5 programmati). A tale proposito, le Regioni auspicano che "si torni al tetto unico del 15,7%", mettendo nello stesso calderone sia la spesa degli ospedali, sia quella sostenuta attraverso le farmacie. Un passo indietro, insomma, rispetto ad una distinzione che invece ha dimostrato di funzionare, sia in termini di monitoraggio delle spese, sia nel rispetto dei tetti previsti per le farmacie.

La posizione dell'industria e dei grossisti

"Non ci stiamo". Queste le parole riportate da "Il Sole 24 Ore" per sintetizzare la risposta dei produttori del farmaco alle proposte avanzate dalle Regioni. In attesa di discuterne al tavolo convocato dal ministro Fazio, Sergio Dompé, presidente di Farmindustria, spiega che "andare verso l'Europa significa farlo in termini di prezzi e di remunerazione netta. In Italia, siamo ai livelli più bassi". Mentre le Regioni guardano al prezzo dei farmaci, Farmindustria sposta l'attenzione sulla remunerazione netta, dove l'Italia non vanta primati, anzi. "E poi si deve sgombrare il campo dalla logica del tetto - prosegue Dompé - perché esiste solo sulla farmaceutica, l'unico settore in sanità con i conti in regola, anzi in discesa". Posizioni lontane, quindi. Sarà difficile che il tavolo sia caratterizzato da quella concertazione che in molti si auspicano. Anche per il presidente di Assogenerici, Giorgio Foresti, quelli proposti dalle Regioni sono provvedimenti che se applicati "porterebbero al collasso tutto il sistema produttivo. Assogenerici - prosegue Foresti - comprende la necessità di contenere la spesa e ritiene che proprio per la gravità della situazine sia il momento di aprire un tavolo permanente per affrontare i problemi strutturali del comparto". Si rifà al confronto con i prezzi e i margini europei anche Carmelo Riccobono, presidente di Adf, l'associazione che raggruppa i grossisti: "il canale distributivo in Italia conta su una confezione che ha un prezzo medio di 3,30 euro, contro una media Ue di 5,38 euro. Siamo pronti a documentare l'impraticabilità di riduzioni di margini dei grossisti, che porterebbero allo snaturamento della nostra funzione perché dovremmo abbassare il livello del servizio".

Cosa ne pensano le rappresentanze dei farmacisti

Annarosa Racca, presidente di Federfarma, si dice pronta a "un confronto per ottenere risparmi reali e valore aggiunto in trasparenza e qualità del servizio, anche ridiscutendo i criteri di remunerazione dell'intera filiera". Tuttavia, precisa il presidente di Federfarma, dobbiamo contestare "l'obiettivo di comprimere l'assistenza farmaceutica che si è dimostrata virtuosa, per continuare a pagare a piè di lista la spesa farmaceutica ospedaliera"

Pertanto, continua Annarosa Racca, è da respingere l'ipotesi di un tetto unico per spesa farmaceutica e ospedaliera. Rispetto al goffo tentativo di tornare indietro e mettere sotto lo stesso tetto due spese che poco hanno in comune è intervenuto anche il presidente di Fofi Andrea Mandelli, ricordando che "è soprattutto la spesa farmaceutica ospedaliera a destare le maggiori preoccupazioni. La spesa territoriale, a conti fatti, nel 2008 e nel 2009 era al di sotto del tetto programmato, mentre quella ospedaliera aveva abbondantemente superato il tetto assegnato già nel 2008, quando aveva toccato il 4,2% rispetto a una previsione del 2,4. Una spesa non soltanto superiore a quanto programmato, ma anche difficilmente tracciabile, con vaste aree di spreco". Il modo migliore per ottenere un reale risparmio, prosegue Mandelli, "è riportare la distribuzione ausiliaria, attraverso Asl e ospedali, al suo ruolo fisiologico, affidando invece alle farmacie convenzionate la distribuzione dei farmaci innovativi". Le osservazioni di Mandelli sono condivisibili. Infatti, è proprio tramite il sistema del controllo mensile che le farmacie garantiscono la trasparenza della spesa che, del resto, ha registrato un effettivo contenimento. è proprio su queste premesse che prevedere il ritorno in farmacia dei farmaci innovativi potrebbe essere vantaggioso per diversi e importanti motivi che Mandelli riassume in:

  • controllo puntuale della spesa;
  • diminuzione dello spreco;
  • diminuzione dei costi sociali grazie alla capillarità della dispensazione;
  • possibilità di sperimentare nuove modalità di remunerazione della farmacia, centrate sull'onorario professionale e non sul prezzo di vendita.

Si rivela quindi di estrema attualità la proposta di Utifar, presentata a Roma nell'ambito del Convegno "La farmacia italiana tra remunerazione e spesa farmaceutica: confronto con l'Europa" organizzato dall'Unione tecnica lo scorso 17 ottobre. Un sistema di remunerazione non più ancorato al prezzo dei farmaci sarà di certo un argomento centrale del tavolo di confronto per l'attuazione del Piano sanitario 2010-2012. I vantaggi di tale sistema risultano evidenti proprio sulla base della proposta delle Regioni. Da un lato, infatti, i prezzi dei generici rischiano di ridursi sempre più, mentre il numero di principi attivi genericabili continua ad incrementare. Una remunerazione a forfait renderebbe quindi meno impattanti gli effetti delle diminuzioni del prezzo dei farmaci e, al tempo stesso, consentirebbe il rientro in farmacia dei farmaci innovativi, troppo costosi per potere pensare a una remunerazione in percentuale per la farmacia. Sembra pertanto necessario rivedere il sistema di remunerazione prima che sia troppo tardi. Del resto, ne guadagnerebbe anche l'immagine professionale del farmacista, il cui servizio sarebbe remunerato indipendentemente dal prezzo del farmaco, bensì sulla base di atti professionali: quelli della dispensazione, del controllo e del consiglio, che andrebbero valorizzati maggiormente. Inoltre, la farmacia non sarebbe più esposta al peso e alle conseguenze di proposte, come quelle delle Regioni, che per contrarre ulteriormente la spesa farmaceutica, rischiano di destabilizzare un sistema distributivo che ha dimostrato di funzionare in assoluta trasparenza.

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