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26 maggio 2025
di Alessandro Fornaro
Rif. rivista N4 | NUOVO COLLEGAMENTO 2025
DEBLISTERING: UN SERVIZIO ANCORA SOSPESO
In un momento nel quale i temi dell’aderenza terapeutica e della gestione dei pazienti cronici diventano sempre più centrali nell’assistenza territoriale, il deblistering si candida a diventare un servizio strategico per le farmacie. Un’opportunità per rafforzare il ruolo professionale del farmacista, ma che richiede regole chiare e strumenti adeguati per superare i molti ostacoli ancora presenti.

Negli ultimi anni, il tema del deblistering, ovvero la rimozione dei farmaci dalle confezioni primarie a fini di un riconfezionamento personalizzato, è emerso con forza anche nel mondo della farmacia territoriale, spinto dalla necessità di migliorare l’aderenza terapeutica dei pazienti, evitare sprechi, semplificare le terapie complesse e offrire servizi sempre più “ad personam”.
In molti paesi occidentali, il deblistering è già da tempo una pratica quotidiana nelle farmacie del territorio, che offrono ai pazienti dosaggi settimanali, terapie in blister multiplo, o altri programmi di riconfezionamento personalizzati pensati soprattutto per pazienti cronici, anziani o politrattati. 
Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Francia e alcuni paesi scandinavi hanno già sviluppato modelli organizzativi e normativi che permettono ai farmacisti di svolgere queste attività con strumenti adeguati, standard di sicurezza elevati e una chiara valorizzazione del loro ruolo clinico. Guardando a quanto accade in altri paesi occidentali, emerge chiaramente come questa pratica potrebbe rappresentare un’opportunità di crescita professionale e di sviluppo di nuovi servizi per la farmacia italiana. 


Tuttavia, va in da subito precisato che questo potenziale potrà tradursi in opportunità di crescita concrete solo se sarà inserito all’interno di un quadro normativo chiaro e ben definito a livello nazionale. 
Continuando a volgere lo sguardo all’estero, notiamo che il Regno Unito e la Germania possano offrire due esempi emblematici di sistemi molto diversi tra per impostazione, ma accomunati dall’aver saputo integrare il servizio in una visione moderna della farmacia territoriale.
Nel primo caso, una regolamentazione flessibile e orientata al paziente ha permesso di far diventare il deblistering una pratica diffusa, molto richiesta al pubblico e quasi sempre gratuita. Il farmacista inglese non deve dotarsi di chissà quali macchinari e può svolgere il servizio con meno restrizioni di quello tedesco, per il quale la rigorosità normativa ha invece spinto verso un’evoluzione tecnologica che richiede un investimento non indifferente cui devono fare fronte le singole farmacie. 
Le tecnologie impiegate in Germania hanno di certo contribuito ad elevare il livello qualitativo del servizio, ma rendono molto poco concreta la possibilità di una sua offerta al pubblico in forma gratuita.
Questi due modelli, seppure nelle loro differenze, dimostrano che occorre progettare una modalità ben definita di erogazione del servizio. 


Definire a priori regole, anche semplici ma chiare, rappresenta infatti una condizione imprescindibile per lo sviluppo sicuro e responsabile del deblistering nella farmacia di comunità. Dall’altro lato, gli esempi riportati evidenziano come la tecnologia possa rappresentare una leva fondamentale per offrire adeguati parametri di sicurezza, ma anche una possibile barriera, soprattutto per le farmacie di piccole e medie dimensioni che farebbero difficoltà a dotarsi di macchinari automatizzati costosi o soluzioni avanzate di riconfezionamento. 
Occorre quindi ragionare bene su quale modello potrebbe essere il più indicato per la realtà italiana. 
Pur nella diffusa consapevolezza che il deblistering potrebbe diventare un potente strumento per rafforzare la relazione tra farmacista e paziente, l’introduzione concreta di questo servizio nel nostro paese è ferma al palo e non sembra, al momento, rappresentare una vera priorità.


La situazione italiana: un quadro in divenire
Se in diversi paesi europei il deblistering è ormai un’attività regolamentata e integrata nel quotidiano della farmacia territoriale, in Italia il panorama appare ancora estremamente frammentato e incerto. L’interesse per questa pratica, tuttavia, è in crescita, spinto dalla necessità di migliorare l’aderenza terapeutica, di semplificare la gestione dei farmaci da parte dei pazienti cronici e di ampliare il ventaglio dei servizi offerti alla cittadinanza in un’ottica di prossimità. Anche se in maniera disordinata e frammentata, alcune regioni si sono in realtà già mosse in questa direzione.


A livello regionale, il primo segnale concreto è arrivato dal Veneto, che nel luglio 2021 ha approvato una delibera di giunta per normare la dispensazione personalizzata dei farmaci in dosi unitarie. Tuttavia, il provvedimento si rivolgeva principalmente alle Rsa e strutture analoghe che intendano dotarsi di sistemi automatizzati per somministrare terapie personalizzate ai propri assistiti. Più rilevante per la farmacia di comunità è invece l’esperienza della Lombardia, che nel febbraio 2022 ha pubblicato il “Documento regionale sull’allestimento di confezionamenti personalizzati per migliorare l’aderenza terapeutica”, specificamente pensato per regolamentare il deblistering nelle farmacie territoriali. Il documento è frutto di un lavoro congiunto della Direzione Generale Welfare della Regione, dei Servizi Farmaceutici delle ATS lombarde, di Federfarma Lombardia, di Assofarm Lombardia e degli Ordini dei Farmacisti regionali. Secondo le linee guida lombarde, le farmacie che intendano attivare il servizio dovrebbero inviare una comunicazione preventiva all’Asl di competenza, predisporre procedure interne documentate che descrivano l’organizzazione e l’esecuzione del servizio, garantire la disponibilità di locali adeguati – assimilabili per caratteristiche a un laboratorio galenico – e formare il personale coinvolto. È previsto l’impiego, se possibile, di sistemi automatizzati di riconfezionamento, mentre il servizio rimane a totale carico del cittadino. Le farmacie che avviano l’attività possono inoltre allestire confezionamenti personalizzati anche per altre farmacie o per strutture sanitarie pubbliche e private.


Dopo Lombardia e Veneto, anche Umbria ed Emilia-Romagna hanno adottato protocolli operativi sul deblistering, sebbene con sfumature diverse. Nonostante queste iniziative regionali, la mancanza di una normativa nazionale ha generato contenziosi. Emblematico il caso di una farmacia torinese, a cui l’Asl To5 e la Regione Piemonte hanno negato l’attivazione del servizio, motivando il diniego con l’assenza di riferimenti normativi statali. Da qui il ricorso straordinario e l’intervento del Consiglio di Stato, che ha chiesto al Ministero della Salute chiarimenti su rischi e regolamentazione del deblistering. Il Ministero ha ammesso di non disporre di dati aggiornati e ha confermato l’assenza di una disciplina nazionale, senza però considerare l’attività vietata o pericolosa.
Al di là dei suoi aspetti peculiari, questa vicenda ha reso ancora più evidente l’urgenza di regole chiare e uniformi in tutto il territorio nazionale. In un quadro dove alcune Regioni hanno già normato il deblistering senza opposizioni ufficiali, diventa necessario un intervento centrale che consenta al farmacista di offrire questo servizio in sicurezza e continuità. Senza una cornice stabile, il rischio è che lo sconfezionamento dei medicinali resti una pratica isolata e non pienamente integrata nella farmacia dei servizi.
Nonostante le incertezze normative attuali, il deblistering mostra tutte le caratteristiche di un servizio capace di valorizzare il ruolo del farmacista nella gestione quotidiana delle terapie complesse. I modelli già consolidati in altri paesi europei dimostrano che, con una regolamentazione chiara e il giusto supporto tecnologico, questa pratica può diventare un elemento chiave della farmacia dei servizi, a beneficio sia del paziente sia del sistema sanitario nel suo complesso. Resta ora la sfida più importante: costruire a livello nazionale un quadro normativo organico che dia certezze operative ai farmacisti, tuteli la sicurezza dei pazienti e favorisca l’adozione di modelli innovativi di presa in carico della cronicità. Solo così il deblistering potrà davvero esprimere il suo potenziale anche in Italia, non come semplice pratica tecnica, ma come espressione concreta della nuova missione clinica della farmacia di comunità.

Deblistering in Europa: tre modelli a confronto

Regno Unito
Nel Regno Unito, il deblistering è una pratica consolidata nella farmacia territoriale e parte integrante dei servizi offerti ai pazienti, in particolare attraverso i Monitored Dosage Systems (MDS). La normativa, piuttosto flessibile, consente ai farmacisti di riconfezionare i farmaci rimuovendoli dai blister originali, a condizione di rispettare precisi standard di sicurezza e tracciabilità. La tecnologia, anche se presente, non è obbligatoria: molti riconfezionamenti avvengono ancora manualmente.
Germania
In Germania, il deblistering è consentito ma regolato in modo molto più rigoroso. È richiesta una gestione altamente standardizzata dei farmaci rimossi dalle confezioni primarie, con tracciabilità totale e ambienti di lavoro conformi a specifici requisiti igienico-sanitari. L’uso di sistemi automatizzati è molto diffuso, soprattutto nelle farmacie che servono pazienti domiciliari o residenze assistite, anche se i costi elevati ne limitano l’adozione alle farmacie più strutturate.
Francia  
La Francia si muove su un modello intermedio: il deblistering è possibile per favorire l’aderenza terapeutica, soprattutto nell’ambito dei piani di accompagnamento del paziente cronico. La normativa prevede che il farmacista garantisca la qualità e l’identificazione del farmaco dopo il deblistering, ma non richiede particolari tecnologie, affidandosi piuttosto alla professionalità e all’autonomia operativa dei farmacisti. L’automazione esiste, ma è meno diffusa che in Germania.

 

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