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02 novembre 2010
di
Rif. rivista Novembre 2010

"La teoria è quando si sa tutto ma non funziona niente. La pratica è quando funziona tutto ma non si sa il perché. In ogni caso si finisce sempre con il coniugare la teoria con la pratica: non funziona niente e non si sa il perché". A volte questo aforisma ci ricorda il sistema farmacia e la difficoltà di fare programmi per il futuro davanti alle bizze del legislatore.

Nella splendida cornice di una Palermo baciata dall'estate siamo stati ricevuti da Utifar per parlare di "Riduzione dei margini, scadenze brevettuali, nuovi servizi e redditività" , sotto la sapiente regia dell'amico Roberto Tobia. In una linea di ideale continuità con i convegni organizzati da Utifar sulla remunerazione SSN (Roma, 19 ottobre 2009) e sulle scadenze brevettuali (Roma, Cosmofarma, 8 maggio 2010), la serata era volta ad interrogarci sulle prospettive evolutive del sistema farmacia. Infatti, già all'indomani del convegno di Roma sulla remunerazione avevamo elaborato e pubblicato modelli di analisi del taglio dei margini, basandoci sulla riduzione del 3% ventilata proprio in quei giorni di ottobre. Il convegno Utifar a Cosmofarma 2010 è stata poi l'occasione per presentare una prima elaborazione delle ipotesi di impatto di un taglio del 3%, insieme agli scenari derivanti dalle scadenze brevettuali. L'occasione palermitana ci ha consentito di "rispolverare" ed aggiornare l'analisi, tenendo conto del nuovo testo della manovra. In particolare, ci siamo domandati quale effetto possa avere sui bilanci delle far macie la scadenza del brevetto e dei certificati di protezione complementare di numerosissimi farmaci leader, che si concentra nel periodo 2010-2014. A questa analisi abbiamo associato la verifica del possibile impatto sulla redditività del taglio dei margini previsto dalla manovra finanziaria, in corso di approvazione proprio in quei giorni concitati di inizio luglio. Si tratta del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, successivamente convertito con legge 30 luglio 2010, n. 122: ai primi di luglio veniva annunciato l'emendamento parlamentare, poi accolto con modifiche, che proponeva di far gravare in parte sull'industria il taglio del 3,65% inizialmente previsto dal decreto. Quella sera abbiamo tutti dovuto rielaborare i nostri calcoli per tenere conto del possibile effetto degli emendamenti. Più in generale, ci siamo domandati che cosa sta succedendo alla farmacia nella transizione ad un modello "low-cost", transizione che si è ormai in parte già verificata e che prevediamo sempre più accentuata in futuro.

L'ELABORAZIONE PRESENTATA A COSMOFARMA 2010

In quell'occasione, avevamo stimato in circa il 6% la perdita di marginalità netta, pari a circa 25mila euro sul nostro modello. Avevamo lavorato su una farmacia-modello, elaborata incrociando i dati di un campione di bilanci di circa 400 farmacie con i database anonimi dei rispettivi gestionali (forniti dal consorzio UFI di Modena), le proiezioni di spesa farmaceutica pubblicate da Federfarma, i dati elaborati da Promofarma e gentilmente messici a disposizione in varie occasioni, nonché le informazioni di mercato 2009 pubblicate da IMS Health. Ne è uscito un modello di farmacia "media delle medie", con fatturato di circa 1.500.000 euro costituito per il 53% circa da forniture SSN. Non si tratta di una analisi che rappresenta tutte le realtà, né tantomeno una realtà specifica: è solo uno strumento analitico per verificare in che modo la manovra potesse incidere sui bilanci; ciascun farmacista, con l'ausilio del proprio consulente, dovrà poi verificare in che modo la propria azienda subisca gli effetti dei provvedimenti.

Il trend negativo dei ricavi: quale peso hanno i generici?

Se si guarda ai valori medi delle confezioni, tanto nelle forniture SSN che nelle attività con vendita "a banco", si osserva un trend calante significativo: i ricavi ed i margini unitari a pezzo sono molto contenuti. Perché parliamo di farmacia low-cost? Esaminiamo la dinamica del "fenomeno generici". Intuitivamente, un farmaco non più coperto da brevetto costa di meno: entrano in commercio i generici che contengono quel principio attivo ed il farmaco "originator" viene commercializzato a prezzi significativamente inferiori. La tendenza generalizzata è quella ad una diminuzione di prezzi medi unitari. Se i medicinali costano, in proporzione, meno (spesso molto di meno), chi li acquista spende sicuramente, a parità di quantità, molto di meno. Il SSN, principale acquirente delle specialità di fascia A, beneficia di significativi risparmi. Ovviamente, ed è l'altro lato della medaglia, la Farmacia che quel farmaco lo vende incassa un prezzo inferiore e, quindi, vede corrispondentemente ridotto il proprio ricavo unitario (ossia il ricavo per ciascun pezzo venduto). L'effetto sui margini medi unitari è meno immediatamente verificabile, perché incidono numerose variabili ulteriori, quali ad esempio:

• la differente marginalità esistente sui generici (seppure oggi regolamentata in modo rigido dal d.l. 39/2009);

• l'esenzione da sconto SSN per i farmaci generici e per quei farmaci (specialità incluse) che hanno prezzo corrispondente al rimborso di riferimento;

• la concentrazione dei medicinali dispensati in regime SSN verso fasce di prezzo inferiori, che subiscono un sconto SSN medio più basso;

• la composizione del mix di prodotti tra generici puri, generici branded, farmaci off patent e specialità ancora coperte.

Infine, bisogna sottolineare che in Italia il mercato low cost non è dato solo dai generici: nel sistema del SSN il metodo del prezzo di riferimento fa sì che tutti i medicinali, anche non generici, inseriti nelle liste collegate a tale riferimento subiscano un calo significativo di prezzi. L'effetto generale, in ogni caso, è la diminuzione dei margini medi unitari, ma è difficile stimare di quanto. A questo fenomeno intuitivo ne sono collegati altri, di non minore importanza. In primo luogo, le aziende produttrici cercano di orientare il mercato verso specialità ancora coperte da brevetto, incentivando il trattamento delle patologie, che prima erano curate con il farmaco "genericato", con nuove molecole, ancora coperte da brevetto. In secondo luogo, l'effetto trascinamento sui prezzi dell'originatornon segue la scadenza delle protezioni: uno studio empirico, realizzato da Promofarma e cortesemente reso disponibile da Federfarma in occasione delle riunioni del Tavolo interassociativo congiunto Federfarma - Federfarma Servizi-ADF per l'esame di ipotesi di riforma dei margini di filiera mostra che mediamente il produttore non attende la scadenza del brevetto, ma la "anticipa" di 1-2 anni. Si tratta di una corretta logica di mercato: le industrie preferiscono arrivare alla scadenza brevettuale con un prezzo gradualmente ridotto, in modo da erodere i margini dei nuovi competitori che aspirano ad entrare sul mercato. In ogni caso, si registra un impoverimento del farmaco di primary care e una conseguente riduzione di prezzi e margini medi delle forniture SSN. Per misurare l'impatto sul modello abbiamo impiegato le previsioni del Centro Studi Ratiopharm, che stima maggiori risparmi SSN cumulati, nel periodo 2010-2014, per complessivi 1,8 miliardi di euro circa, per effetto delle scadenze brevettuali. Abbiamo stimato - sempre sul nostro modellino artigianale ma raffinato - che, su ricavi SSN per circa 800.000 euro, la nostra farmacia possa perdere margine per circa 20/27mila euro (con una perdita crescente nel quinquennio, man mano che scendono i prezzi, gradualmente arrivando al picco nel 2014). E qui bisogna premettere, doverosamente, che le analisi previsionali sono molto rischiose: una massima, di incerta attribuzione, recita "Fare previsioni è una cosa molto difficile, specialmente se riguardano il futuro".

I tagli previsti dalla manovra 2010

Abbiamo poi analizzato come la manovra-taglio del 2010 peserà sulla medesima farmacia. La versione originale dell'articolo 11 del decreto prevedeva, tra l'altro:

• il taglio del 12% del prezzo dei generici "puri" (esclusi cioè gli originator);

• la rideterminazione dei margini sui medicinali di fascia A, tagliando al 3% il margine del grossista ed attribuendo formalmente alla farmacia una quota di spettanza del 30,35% (quindi il 26,70% maggiorato di 3,65%). L'incremento del margine della farmacia è però solo nominale perché si prevede una trattenuta di pari valore (3,65%) "ad ulteriore titolo di sconto" in aggiunta sul normale sconto SSN.

Il comma 6 bis impone poi un confronto tecnico tra il Ministero della salute, il Ministero dell'economia e delle finanze, l'AIFA e le associazioni di categoria maggiormente rappresentative, per la revisione dei criteri di remunerazione della spesa farmaceutica secondo i seguenti criteri: estensione delle modalità di tracciabilità e controllo a tutte le forme di distribuzione dei farmaci, possibilità di introduzione di una remunerazione della farmacia basata su una prestazione fissa in aggiunta ad una ridotta percentuale sul prezzo di riferimento del farmaco che, stante la prospettata evoluzione del mercato farmaceutico, garantisca una riduzione della spesa per il Servizio sanitario nazionale». Federfarma ha quindi incassato un parziale successo, quello di abbattere del 50% l'onere della manovra (dal 3,65% all'1,82%). Restano tuttavia due aspetti molto importanti, che abbiamo sottolineato in occasione della serata palermitana di luglio. Anzitutto, il meccanismo applicativo della nuova disposizione fa sì che il "taglio" sia mascherato con un innalzamento dello sconto di legge delle farmacie al 30,35%. Questo verosimilmente porterà gli studi di settore ad un ritocco verso l'alto delle soglie di congruità. Il che significa che nei bilanci 2010 e, soprattutto, 2011 il taglio dell'1,82% sarà probabilmente compensato da un incremento dei ricavi fiscalmente imponibili, per effetto degli studi di settore revisionati. Quindi la perdita ci sarà, seppure dimezzata rispetto a quella prevedibile in base all'originario 3,65%; ma probabilmente nei bilanci non si vedrà perché sarà compensata dall'emersione di maggiori imponibili: in sintesi, la manovra è costruita in modo tale da sommare, al danno, anche la beffa. Concludiamo questa breve analisi con qualche considerazione sulla riforma della remunerazione.

LA LEGGE DI CONVERSIONE HA COSì MODIFICATO LE DISPOSIZIONI DEL COMMA 6

"In attesa dell'adozione di una nuova metodologia di remunerazione delle farmacie per i farmaci erogati in regime di Servizio sanitario nazionale, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le quote di spettanza dei grossisti e dei farmacisti sul prezzo di vendita al pubblico delle specialità medicinali di classe A, di cui all'articolo 8, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, previste nella misura rispettivamente del 6,65 per cento e del 26,7 per cento dall'articolo 1, comma 40, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e dall'articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, sono rideterminate nella misura del 3 per cento per i grossisti e del 30,35 per cento per i farmacisti che deve intendersi come quota minima a questi spettante. Il Servizio sanitario nazionale, nel procedere alla corresponsione alle farmacie di quanto dovuto, trattiene ad ulteriore titolo di sconto, fermo restando quanto previsto dall'articolo 48, comma 32, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, una quota pari all'1,82 per cento sul prezzo di vendita al pubblico al netto dell'imposta sul valore aggiunto. L'ulteriore sconto dell'1,82 per cento non si applica alle farmacie rurali sussidiate con fatturato annuo in regime di Servizio sanitario nazionale, al netto dell'imposta sul valore aggiunto, non superiore a euro 387.324,67 e alle altre farmacie con fatturato annuo in regime di Servizio sanitario nazionale, al netto dell'imposta sul valore aggiunto, non superiore a euro 258.228,45. Dalla medesima data le aziende farmaceutiche, sulla base di tabelle approvate dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e definite per regione e per singola azienda, corrispondono alle regioni medesime un importo dell'1,83 per cento sul prezzo di vendita al pubblico al netto dell'imposta sul valore aggiunto dei medicinali erogati in regime di Servizio sanitario nazionale".

Una possibile soluzione

A nostro avviso restano valide le considerazioni, e conseguentemente le proposte, da noi ipotizzate in rappresentanza di Federfarma Servizi durante i lavori del "tavolo interassociativo" svoltisi ad inizio 2010 e illustrate in occasione del convegno Utifar dell'8 maggio (vedi di seguito: "Le proposte avanzate"). Abbiamo inoltre sostenuto con forza l'esigenza di prevedere idonee misure di contenimento che scongiurino il rischio del "salto" del distributore a favore degli acquisti diretti ed in questo senso il salto della filiera dovrebbe porre a carico dell'industria uno sconto alle regioni ancora maggiore di quello che lungo la filiera sarebbe stato assorbito dalla regressione del margine (con particolare attenzione ai leader dei mercato, che sono il tipico oggetto degli acquisti diretti). L'elemento più importante è sicuramente il definitivo abbandono del sistema dei doppi prezzi: da quando la distribuzione diretta delle strutture pubbliche è divenuta, di fatto, un canale alternativo territoriale, la distorsione generata dalle diverse condizioni di approvvigionamento non è più compatibile con un quadro di sana regolazione del mercato. Il primo passo deve quindi necessariamente essere quello di uniformare i costi di acquisto (prezzi ex factory) dei farmaci destinati alla distribuzione sul territorio, attraverso la formazione di liste di riferimento secondo il modello già sperimentato con successo per la regolamentazione dei prezzi al pubblico. Eventuali condizioni differenti e di maggior favore potrebbero giustificarsi esclusivamente per l'uso strettamente ospedaliero (i cui limiti vanno definiti in modo molto rigoroso), nel presupposto che si adottino efficaci strumenti di controllo volti a scongiurare qualunque travaso di tali medicinali verso la distribuzione sul territorio. Una volta costruito il sistema dei prezzi di approvvigionamento uniformi, e ridefinito il modello di remunerazione "a regime", si potrà immaginare lo strumento di programmazione per garantire i programmati risparmi di spesa nel prossimo triennio. Già in sede di conversione del d.l. 78 si poteva avanzare una proposta radicalmente innovativa che, pur ridimensionando la spesa farmaceutica per l'anno corrente, avrebbe consentito di rifondare l'intero sistema remunerativo per i prossimi anni in modo sostenibile per tutti. Si sarebbe anche potuto accettare, se transitorio, un ridimensionamento più ampio di quello ipotizzato nel decreto. In questo modo si sarebbe potuto evitare la misura del taglio dei margini, e prevedere una trattenuta in misura fissa per ciascuna fustella tariffata in regime SSN. Si sarebbe potuto prevedere che questa trattenuta fosse restituita, una volta passati alla remunerazione a pezzo, sotto forma di maggiorazione unitaria della fee professionale, diluendo la restituzione su un periodo di tre anni. Ovviamente questa proposta non ha fatto capolino nei lavori parlamentari, e la soluzione finale è rimasta quella di un taglio percentuale del margine. Incassiamo però il dimezzamento dell'onere e, soprattutto, affiliamo le armi che la riforma della remunerazione, perché c'è ancora tanto lavoro da fare e molti hanno ancora le idee confuse.

LE PROPOSTE AVANZATE

1. il farmaco deve rimanere di proprietà della filiera, anche in relazione ai flussi finanziari di acquisto e vendita;

2. va pertanto scongiurata e contrastata qualsiasi ipotesi di estensione del modello DPC, che anzi dovrebbe essere gradualmente riassorbito e limitato a poche e selezionate ipotesi di medicinali PHT. Il modello introdotto dalla legge 405/2001 dovrebbe, in prospettiva, non essere esteso, bensì destrutturato dall'interno;

3. dovrebbe superarsi l'attuale sistema dei "doppi prezzi ex factory" per effetto dello sconto obbligatorio e delle aste: il prezzo ex factory dei medicinali dovrebbe diventare unico, sulla base di un sistema di liste di trasparenza analogo a quello valevole per i generici. Il metodo di applicazione di una simile innovazione richiede ovviamente tutte le cautele del caso, ma la linea di tendenza dovrebbe essere questa;

4. diretta conseguenza di quanto sopra sarebbe che anche i prodotti innovativi dovrebbero ritornare sulla filiera distributiva;

5. il prezzo di vendita del medicinale al SSN dovrebbe essere definitivamente svincolato dal "prezzo unico al pubblico" e si dovrebbe passare ad un sistema di mark-up sul prezzo ex factory:

• il distributore intermedio aggiungerà,al costo di acquisto sostenuto (prezzo ex-factory), il proprio margine, sotto forma di ricarico, che dovrebbe essere proporzionale, ma regressivo, con riconoscimento a favore delle regioni dello scostamento del margine sulle fasce alte di prezzo. Eventualmente con la previsione, in una seconda fase, di un minimo fisso o "floor" predeterminato (per evitare lo "schiacciamento" verso il basso in caso di cali di prezzo);

• la farmacia, a prescindere dal reale costo di acquisto, aggiungerà, al costo d'acquisto costituito dal prezzo ex factory+ il margine del grossista (al lordo della quota riversata alla regione per la regressività), il proprio margine, costituito da una fee fissa + una piccola quota variabile, anch'essa fortemente regressiva;

6. verrebbe completamente abolito l'attuale sistema degli sconti SSN.


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