Logo di Utifar
03 febbraio 2011
di
Rif. rivista Gennaio - Febbraio 2011

La tariffa per le preparazioni galeniche è immutata da diciotto anni, con gravi conseguenze per la redditività di questo settore. Ma altre situazioni non risolte determinano difficoltà, come la problematica inerente la stabilità delle materie prime e la definizione della loro scadenza

L'art. 125 del Testo unico delle leggi sanitarie recita: "Almeno ogni due anni, in aderenza alle fluttuazioni dei costi di produzione, a cura del Ministero della sanità è stabilita e pubblicata la tariffa di vendita dei medicinali, sentito il parere della Federazione degli ordini dei farmacisti". Che i "due anni" costituiscano un termine non perentorio ma, giuridicamente parlando, "ordinatorio", cioè non tale da determinare sanzioni o altri effetti negativi per l'inadempienza è senz'altro pacifico. L'avverbio "almeno" che però regge la frase, rafforza la cogenza della norma e la necessità al provvedere, addirittura potendosi adottare il decreto in anticipo rispetto al termine biennale. Si dirà anche che la norma di legge risale al 1934, quando le preparazioni magistrali prevalevano sui medicinali di origine industriale, come pure che l'attività galenica si è progressivamente ridotta e che il suo apporto economico all'interno del volume d'affari delle farmacie è marginale. Quest'ultima affermazione potrà valere per alcune farmacie ma non certo per tutte. Da ultimo non si dica che approvare la tariffa, con inevitabili aumenti sia nel costo delle sostanze che negli onorari, non è opportuno perché aumenta la spesa sanitaria. La tariffa infatti non sfiora, in pratica, i costi del Servizio sanitario nazionale, anche se, per "salvarla" dallo tsunami Bersani, se ne è invocata l'incidenza dal momento che essa contempla non solo gli onorari professionali ma anche il costo delle materie prime mentre gli onorari non hanno valenza autonoma in quanto vanno sommati al valore delle materie prime (Circ. F.O.F.I. n. 6881 del 31.10.2006). Non si dimentichi però che le preparazioni magistrali non sono rimborsate dal Ssn e che l'unico onorario rimborsabile è quello relativo all'addizionale, in caso di ricetta urgente spedita in orario notturno, secondo la vigente convenzione. Ecco, fin qui, le ragioni che potranno essere mosse alle critiche che seguono.

Una tariffa ormai maggiorenne

Nonostante infatti la vigenza della tariffa attuale risalente all'agosto 1993 - lex dura lex sed lex - non possa essere messa in discussione dal punto di vista strettamente giuridico, il perdurare dello stato di obsolescenza - la tariffa attuale approvata con D.M. 18 agosto 1993 è entrata nel suo diciottesimo anno a fronte dell'obbligo di aggiornamento almeno ogni due anni - sta generando forme di disubbidienza civile consistenti nell'applicazione, anche per le materie prime riportate nell'allegato A, del raddoppio del prezzo pagato al fornitore a pena di una perdita secca in grado di scoraggiare l'esecuzione delle formule magistrali a base di sostanze con prezzo "bloccato". Il farmacista ha l'obbligo (art. 38 Reg. Serv. Farm. R.D. 30 settembre 1938) di eseguire le preparazioni "nel più breve tempo possibile" e, quindi, non potendosi rifiutare di spedire una ricetta, ma in assenza di una norma che lo obblighi ad una perdita economica, può essere indotto, per quanto illegittimamente, ad applicare, come minimo, il prezzo pagato al fornitore per le sostanze il cui prezzo in tariffa è inferiore a quello di mercato. A proposito di prezzi di mercato, mi ricollego all'articolo comparso sul numero precedente di "Nuovo Collegamento" per sottolineare che la nuova tariffa, se mai verrà approvata, dovrà tenere conto che le materie prime, dal 2006 ad oggi, sono progressivamente aumentate anche in relazione all'obbligo di autorizzazione ministeriale al riconfezionamento, imposto ai grossisti dal decreto legislativo 219/06. Per di più la necessità di aggiornamento è motivata in relazione a forme farmaceutiche innovative, eseguibili in farmacia, non contemplate nella tabella degli onorari tipo capsule gastroresistenti, gel orali, lollipop, stick per uso locale ecc. Per non parlare poi delle sostanze obbligatorie "come tali" ed indicate in tabella 2 F.U. con carattere "eretto" il cui impiego è doppiamente obbligatorio in caso di prescrizione magistrale urgente. Per potere sostenere la inspiegabilità della dimenticanza nell'emanazione di un provvedimento amministrativo previsto dalla legge e, sempre, pur con qualche ritardo, adottato, mi sembra utile citare le date di emanazione delle due precedenti tariffe. Se quella vigente porta la data del 18 agosto 1993 (era Ministro Maria Pia Garavaglia), la precedente risale al 27 settembre 1990 (era Ministro Francesco De Lorenzo) e quella ancora precedente al 24 gennaio 1986 (era Ministro Costante Degan). Dunque, mentre la vigente "vive" da ormai diciotto anni, la penultima "visse" meno di tre anni e la terzultima circa quattro anni e mezzo.

Una tiepida azione di sollecito

Cosa è successo in questo ultimo ventennio? Chi si è dimenticato della tariffa? Perché non è stata rinnovata? Alla prima domanda non è difficile rispondere mentre, per la seconda, si deve fare ricorso alle ipotesi più diverse ma tutte, a mio avviso, inquietanti. Dal 1993 ad oggi si sono alternati circa dieci Ministri della sanità e della salute. Sarebbe puerile attribuire solo a loro la responsabilità della "dimenticanza" in quanto, per prassi, è sempre stata la Federazione degli ordini dei farmacisti, alla quale la legge attribuisce potere consultivo, a promuovere la revisione della tariffa nazionale fornendo gli elementi necessari alla determinazione dei valori di mercato delle materie prime ed i tempari di allestimento delle varie forme farmaceutiche per la fissazione degli onorari. Da una ricerca effettuata sulle circolari della Federazione si può trovare un'unica traccia nella circolare n. 6436 del 25 febbraio 2004 con la quale si informano i presidenti provinciali dell'intervento di sollecito trasmesso al Ministero della salute. Nella circolare si richiamano altri precedenti interventi ma non se ne citano né le date né i contenuti. Senza mettere in dubbio l'attività svolta dalla Federazione, viene da chiedersi quali siano i motivi del silenzio del Ministero e se siano stati attivati contatti personali con i funzionari competenti. Di recente è scesa in campo Federfarma che in data 18 novembre 2010 ha scritto al Ministero, e per conoscenza alla Fofi, sollecitando l'aggiornamento. In pari data il Sunifar (Sindacato unitario farmacisti rurali, all'interno di Federfarma) si rivolgeva alla Fofi richiedendo il suo interessamento presso il Ministero stante il ruolo attribuitole dalla legge. Infine, con circolare del 29 novembre scorso, Federfarma e Sunifar informavano le Associazioni provinciali, le Unioni regionali ed i responsabili Sunifar delle iniziative intraprese. è chiaro quindi che al perdurare dell'inadempienza ministeriale è stata opposta una, per lo meno, tiepida, sporadica e direi anche tardiva azione di sollecito. Ma veniamo al perché. Qui, come detto, tutte le ipotesi possono essere formulate. Dalle più banali: la sottovalutazione ed il disinteresse; alla più maliziosa: la volontà diffusa di rendere sempre meno remunerativa la galenica, contribuendo così ad accelerarne la fine. Io sono certo che nessuna di queste ipotesi risponda alla realtà, ma questi dubbi sono ormai diffusi nei farmacisti più attenti mentre credo che chi opera nell'interesse di una categoria non solo abbia il dovere di agire ma anche quello di riuscire ad infondere nella base la percezione della propria azione.

La "rititolazione": un mito nato dal nulla

Fino alla fine degli anni novanta, le "sostanze", cioè le materie prime sia attive che inerti riportavano, quando la riportavano, sulla confezione una data di "scadenza". Questa data di scadenza provocò non pochi guai ai molti farmacisti che, nonostante lo scrupolo con il quale controllavano la scadenza delle specialità medicinali, si dimenticavano delle sostanze. Alcune di queste erano infatti obbligatorie come tali. I meno giovani ricorderanno la "codeina fosfato" che compariva nella tabella 2 della F.U. con carattere "eretto" e quindi da conservare come tale in previsione di preparazioni magistrali che raramente si presentavano. I guai consistevano nella denuncia per il reato di cui all'art. 443 del Codice penale dal titolo "Commercio o somministrazione di medicinali guasti" con pena da sei mesi a tre anni di reclusione più la multa. L'esito dei processi si concludeva nella quasi totalità dei casi - ma si conclude anche oggi in casi simili perlopiù riguardanti i medicinali industriali - con la condanna ad una pena, generalmente ridotta, in seguito all'accertamento della natura colposa del delitto. Improvvisamente sulle confezioni la data di "scadenza" venne sostituita, a cura dei fornitori intermedi, con diciture del tipo: "data di rititolazione" oppure "rititolare dopo il..." o altre simili. Occorre allora fare un breve riassunto su come, oggi, un principio attivo di uso farmaceutico viene prodotto e fornito a coloro che ne dimostrano la necessità e cioè alle industrie farmaceutiche ed alle farmacie. Innanzi tutto va detto che le norme comunitarie mettono sullo stesso piano sia i medicinali finiti, prodotti industrialmente, che le materie prime impiegate nella produzione. Sia per quanto attiene all'officina di produzione che deve essere autorizzata per quel tipo di sostanza che per quanto riguarda la documentazione da presentare all'autorità competente nello Stato dove è stabilito il produttore. Questa documentazione viene comunemente definita DMF (drug master file) mentre per API si intendono le materie prime (active pharmaceutical ingredient). Cosa contiene il DMF? A parte le procedure di sintesi o di estrazione, ai fini di questo articolo importante è la sezione nella quale vengono descritte le prove di stabilità sul prodotto, con particolare riferimento al metodo seguito, al fine di determinare una data ultima di utilizzo (scadenza) quando si ha ragionevole motivo per prevedere quando il "titolo", cioè la concentrazione di sostanza attiva ed il tenore delle impurezze e delle sostanze correlate non corrispondano più ai valori previsti dalla farmacopea. A questo punto il farmacista che si trova nello scaffale una sostanza per la quale è giunto il tempo della "rititolazione" cosa dovrebbe fare? Si dirà: "Deve effettuare l'analisi della sostanza per determinare che il titolo non sia inferiore a quello previsto in farmacopea e che le impurezze presenti non superino i valori limite". Non basta certo il solo punto di fusione che può dare, per certe sostanze e ad un occhio molto esperto, utili indicazioni, non certo però sufficienti per opporsi ad una eventuale accusa per medicinale non conforme alla F.U. e, quindi, guasto. Non si dimentichi, a tale proposito, che è opinione universale e senz'altro da condividere che nessuna differenza di qualità è accettabile tra medicinale industriale e galenico anche e soprattutto sotto il profilo della sicurezza. A questo punto, ancorché potessimo sostenere che l'analisi o, meglio, la "rititolazione" (ma non certo le prove di stabilità) è stata effettuata con le stesse tecniche riportate nella farmacopea o nel DMF e, quindi, approvate dall'autorità sanitaria, quale ulteriore periodo di "validità" potremmo dare alla sostanza analizzata? Sicuramente si potrebbe sostenere che la sostanza è utilizzabile il giorno in cui è stata effettuata l'analisi e, questo, in rapporto alla previsione di cui al punto 6.3 delle Norme di Buona Preparazione che prevedono il controllo prima dell'uso nella preparazione, ma non nel tempo seguente, data la impossibilità di determinare una ulteriore data di "rititolazione" o di scadenza. Anche il riferimento al punto 6.1 delle NBP dove è citata la "rititolazione" deve quindi essere letto in quest'ottica. Posto che in farmacia è materialmente impossibile eseguire l'analisi secondo le prescrizioni delle NBP a cui si rimanda per una lettura completa, l'eventuale analisi effettuata da un laboratorio esterno troverebbe il proprio limite nell'impossibilità di mettersi nelle medesime condizioni del produttore, non tanto per l'analisi quali-quantitativa e la purezza, eseguibili secondo farmacopea ma, soprattutto, per l'impossibilità di prevedere con quale cinetica l'alterazione della sostanza procede al fine di stabilire una nuova data limite. L'introduzione del termine "rititolazione", in luogo di "scadenza", è forse servito ad evitare qualche denuncia ai sensi dell'art. 443 del Codice penale ma sono noti casi in cui l'autorità di vigilanza ha contestato la mancata rititolazione, nonostante la sostanza non fosse stata utilizzata dopo la relativa data ma ipotizzando il reato per la sola detenzione nel laboratorio. Pienamente convinto che la forza della galenica si debba basare sulla serietà e sulla coerenza scientifica, anche delle norme che la disciplinano, mi auguro che da ora in poi le aziende distributrici di materie prime, sia quelle autorizzate al riconfezionamento che quelle che distribuiscono confezioni sigillate all'origine, prestino la massima attenzione alla problematica della stabilità senza alcun condizionamento di ordine commerciale.

Scarica l'articolo in formato PDF

Voden - Interno
Lulylab - Interno
MedyBox - Interno
Registrati alla nostra Newsletter
Iscriviti alla nostra mailing list per ricevere le ultime novità e aggiornamenti dal nostro team.

Quanto sono chiare le informazioni su questa pagina?

Valuta da 1 a 5 stelle la pagina

Grazie, il tuo parere ci aiuterà a migliorare il servizio!

Quali sono stati gli aspetti che hai preferito?1/2

Dove hai incontrato le maggiori difficoltà?1/2

Vuoi aggiungere altri dettagli?2/2

Inserire massimo 200 caratteri