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11 luglio 2011
di
Rif. rivista Giugno - Luglio 2011

Il presidente di Cittadinanzattiva Alessio Terzi ci ha inviato un approfondimento del proprio intervento svoltosi a Riccione nell'ambito del Convegno Utifar dal titolo "Servizi in farmacia: l'attuale, il possibile, il probabile". Pubblichiamo con piacere questa integrazione

In tutta Europa è in atto una crisi del modello sociale che sta mettendo in discussione la capacità dei servizi sanitari di garantire l'universalità del diritto alla salute. Il monitoraggio sulla attuazione della Carta Europea dei diritti del malato ha rilevato il pessimo stato di tre diritti fondamentali:

• il rispetto del tempo del malato, minato dalla burocrazia e anche dalla lunghezza e dall'insufficiente governo delle liste di attesa;

• la possibilità di libera scelta sistematicamente ostacolata sia nei sistemi pubblici che in quelli assicurativi;

• l'accesso, con ricorrenti discriminazioni dovute al reddito, al luogo di residenza, al tipo di malattia e al livello culturale.

La messa in discussione, con rare eccezioni, non è mai esplicita ma è il risultato di un approccio tecnico finanziario che si limita a ripartire, con criteri generalmente poco trasparenti, le risorse economiche e, invece, trascura completamente la possibilità di eliminare sprechi e prestazioni inutili, di migliorare l'efficacia delle cure e di mobilitare risorse umane, professionali e culturali già ampiamente dimostrata della patient centered care. Riprendere, in questo contesto, il dibattito sul ruolo delle farmacie significa, per forza di cose, confrontarsi con la ricerca delle strategie che possono consentire un rilancio della universalità. Si può partire a questo proposito dagli esiti di un'indagine condotta di recente a Messina da Federfarma e da Cittadinanzattiva. Per il 66% i farmacisti dovrebbero svolgere un ruolo importante nella prenotazione di visite ed esami, il 52% ritiene conveniente ritirare i referti in farmacia, il 68% è convinto del ruolo strategico delle dure domiciliari, la metà circa gradirebbe la partecipazione ad azioni di prevenzione, di analisi di prima istanza, di informazione e di consulenza, poco più di un terzo è favorevole al monitoraggio dei parametri di salute. Non è difficile constatare una discreta corrispondenza fra le questioni generali e le aspettative dei cittadini e individuare tre campi di intervento in cui un ruolo attivo e appropriato delle farmacie potrebbe avere esiti importanti.

Il primo è lo sviluppo dei servizi territoriali con particolare attenzione a due aspetti:

• la tutela dei soggetti fragili che per scarsità di reddito stentano a sostenere i costi della organizzazione, ad accedere ai servizi per carenza di informazione e difficoltà di rapporto, a reggere l'impegno culturale e organizzativo richiesto dall'assistenza domiciliare; il supporto attivo di un servizio di prossimità, come quello delle farmacie, potrebbe avere un ruolo determinante;

• il mantenimento di condizioni di legalità e trasparenza; l'appalto dei servizi logistici di supporto al territorio su larga scala potrebbe creare distorsioni e grandi difficoltà di controllo sulla effettività e sulla qualità delle prestazioni (e in effetti negli ultimi tempi si sono presentate imprese con composizioni proprietarie alquanto dubbie).

Il secondo campo riguarda la tutela del diritto al rispetto del tempo. Una interpretazione dinamica del ruolo della farmacia potrebbe mettere a disposizione una risorsa preziosa per rendere più snello e più efficace il rapporto con i servizi sanitari, raccogliendo le indicazioni emerse dall'indagine di Messina. Inoltre esiste una larga porzione di popolazione che non accede alle tecnologie informatiche e, con semplici accorgimenti, potrebbe superare questo handicap grazie alle farmacie. Anche la possibilità, finalmente legittimata dalla normativa, di accedere a varie prestazioni sanitarie non mediche senza sottoporsi a spostamenti onerosi e lunghi è uno sviluppo di grande interesse.

Il terzo campo di intervento - quello della informazione - potrebbe essere di grande valore strategico. Tutte le rilevazioni, a partire da quelle realizzate direttamente dai cittadini con l'Audit civico, mettono in evidenza un grande gap mentre le poste in gioco sono di tutto rilievo e cioè, la stessa possibilità di accedere ai servizi (in molti casi questi non vengono nemmeno richiesti per difetto di conoscenza) e di esercitare in modo consapevole e appropriato il diritto di libera scelta. Le azioni messe in atto dalle aziende sanitarie più sensibili al problema, per esempio nel garantire l'aggiornamento delle informazioni stesse, e i seri limiti di una comunicazione affidata soltanto ai supporti strumentali (soprattutto cartacei). L'intervento delle farmacie potrebbe essere decisivo ma richiede uno specifico progetto ed una paziente messa a punto sperimentale. Come è facile comprendere, gli sviluppi proposti sono di estremo interesse ma sono tutt'altro che scontati. In particolare è necessario risolvere positivamente tre questioni. La prima è che occorre riformare il modo di progettare le politiche, che dovrebbe tenere conto della risorsa farmacie in tutte le fasi, e non soltanto come ingrediente aggiuntivo ex post. La seconda riguarda un aggiornamento dei modelli professionali dei farmacisti, che dovrebbero garantire una interpretazione dinamica e imprenditiva di questi nuovi ruoli.La terza questione - la necessità di nuove forme di governance del territorio - è in un certo senso riassuntiva. Se, come sta avvenendo:

• gli Stati tendono a ridurre le proprie aree di intervento;

• la vera razionalizzazione della spesa impone modelli di cura sempre più centrati sulla situazione concreta dei pazienti;

• si richiede alle comunità di assumere maggiori responsabilità nel presidio del territorio; è impensabile che le scelte effettive restino nelle sole mani delle istituzioni e delle burocrazie centrali (nazionali e regionali).

Occorre invece:

• garantire comunque un flusso di risorse certo e non unilateralmente revocabile;

• consentire alle comunità, che assumono le responsabilità richieste, gradi di libertà necessari per la valorizzazione delle risorse locali;

• riconoscere ai cittadini e ai professionisti un ruolo di "contraenti", a pari dignità, dei programmi personalizzati e dei piani locali di presidio del territorio.

Occorre, in sostanza, che gli accordi di programma locali siano rigorosamente impegnativi per tutti (e che quindi le amministrazioni centrali non possano sottrarsi unilateralmente e impunemente) e che si trovino forme di governance che garantiscano una rappresentanza adeguata a tutti i soggetti contraenti. è una condizione necessaria per vincere la nuova sfida dell'universalità.

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