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07 aprile 2011
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Rif. rivista Aprile 2011

Il primo riferimento legislativo alla pianta organica è contenuto nella legge, conosciuta come Legge Giolitti, 22 maggio 1913, n. 468. Fra due anni esatti compierà, quindi, un secolo. La legge Giolitti mise così le basi per la più articolata riforma della materia contenuta nel Testo Unico delle Leggi Sanitarie (T.U.L.S.) approvato con il Regio Decreto 27 luglio 1934, n.1265, e nel Regolamento per il Servizio Farmaceutico (Regio Decreto 30 settembre 1938, n. 1706). La epocale riforma del 1968 poi ha posto le basi per l'attuale sistema di formazione e revisione biennale delle piante organiche delle farmacie.

Recita l'art. 2, primo comma, della legge 2 aprile 1968, n. 475: Ogni comune deve avere una pianta organica delle farmacie nella quale è determinato il numero, le singole sedi farmaceutiche e la zona di ciascuna di esse, in rapporto a quanto disposto dal precedente art. 1. Il testo originario dell'art. 1 prevedeva che il numero delle autorizzazioni fosse stabilito in modo che non vi sia più di una farmacia ogni 5.000 abitanti nei comuni con popolazione fino a 25.000 abitanti e una farmacia ogni 4.000 abitanti negli altri comuni. La riformulazione del testo, attuata dalla legge di riordino (legge 8 novembre 1991, n. 362), oltre ad abbassare a 12.500 abitanti il limite della popolazione del comune, oltre il quale il rapporto scende da 5000 a 4000, ha anche rivisto in senso positivo la previsione originaria, sostituendo le parole: in modo che non vi sia più di una farmacia ogni con il testo, più coerente con il fine pubblicistico della legge, in modo che vi sia una farmacia ogni La modifica non deve sembrare una sottigliezza perché ha, di fatto, invertito l'approccio alla pianificazione territoriale delle farmacie, passando da un regime che poteva apparire corporativo in quanto limitativo del numero massimo, ad uno rivolto all'interesse del cittadino stabilendo l'obbligo di istituzione di una farmacia per ogni nucleo di 5.000 o di 4.000 abitanti. Anche i più recenti pronunciamenti della Corte di Giustizia europea hanno confermato la piena legittimità di questo strumento, confermando il diritto dei Paesi membri di disciplinare o meno la pianificazione delle farmacie sul proprio territorio. Nonostante siano state numerose le proposte di legge tese ad eliminarla, per ora la pianta organica continua a svolgere il ruolo prezioso di garantire il servizio farmaceutico in maniera capillare sul territorio nazionale.

La cattiva conoscenza dei propri confini

Si apre qui però il dolente capitolo delle mancate revisioni biennali, provincia per provincia. Il fenomeno è purtroppo molto esteso e a poco sono valse le numerose denunce di tali situazioni da più parti levatesi. Se da un lato è vero che il mancato adempimento è più esteso al Sud, va detto che non sono esenti regioni e provincie del Centro e del Nord d'Italia. Sembra quasi che, laddove nessuno chiede modifiche, non valga la pena mettere mano al relativo provvedimento di revisione. Così facendo, vengono spesso trascurati quegli interventi che porterebbero alla istituzione di nuove sedi farmaceutiche in relazione alla crescita della popolazione ed al conseguente superamento dei limiti oltre i quali per la pubblica amministrazione l'istituzione delle nuove sedi è un atto dovuto. L'autorità competente è, in base alle leggi regionali, quasi sempre della giunta regionale. I comuni, che molto spesso sono erroneamente ritenuti depositari della funzione di revisione, hanno invece solo un importante ruolo propositivo e consultivo. Possono infatti avanzare proposte, basate sulla conoscenza esatta del numero degli abitanti o della migrazione degli stessi in zone in cui sono sorti nuovi insediamenti urbanistici, come pure debbono fornire parere sulla eventuale proposta di revisione proveniente dalla regione. Si tratta però sempre di parere non vincolante, come non vincolante è la richiesta di nuova istituzione di farmacie non giustificata dalla crescita demografica. La regione, in tali casi, non solo può ma deve disattendere eventuali richieste illegittime dei comuni. Il lettore però, a questo punto, si chiederà il perché del titolo. Si chiederà perché si definisce la pianta organica come sconosciuta. Sono noti vari casi in cui il titolare della farmacia non si è avveduto che, nel trasferimento dei locali, una farmacia viciniore aveva sconfinato nel proprio territorio senza che l'autorità competente avesse negato l'autorizzazione Sono noti poi casi in cui sono stati acquisiti locali in cui trasferire la farmacia senza accorgersi che erano di competenza della sede confinante. Tale fenomeno, che può determinare una considerevole perdita economica, avviene se non si conoscono i confini della propria sede che, nel caso siano delimitati da una strada, sono rappresentati dalla linea di mezzeria, cioè da quella linea immaginaria che corre al centro della strada, parallelamente ai due lati della stessa. Infine i decentramenti. Si tratta di uno strumento di cui ci si è avvalsi molto poco, spesso nel timore di alterare uno status quo che, bene o male, permette di tirare avanti con la negativa conseguenza di creare nei centri storici, ma anche nelle intere città, farmacie in soprannumero a vantaggio di nuove aperture nei comuni della cintura. è a questo proposito che sembrerebbe auspicabile una estensione territoriale della pianta organica, dal comune all'intero territorio provinciale.

Il procedimento di revisione e il diritto di intervenire

Un ulteriore motivo per ritenere sconosciuta la pianta organica del proprio comune e, in particolare, la delimitazione della propria sede è dovuto al fatto che il procedimento di revisione, oltre a non rispettare, in molti casi, la cadenza biennale prevista, passa del tutto inosservato da chi avrebbe interesse non solo a conoscerlo ma anche ad intervenirvi. Il procedimento amministrativo è infatti costituito da tutti gli atti preparatori che la pubblica amministrazione pone in essere per giungere, alla fine, all'emanazione dell'atto. Tante impugnazioni davanti al TAR di piante organiche si sarebbero potute evitare con un costruttivo intervento dei singoli titolari potenzialmente danneggiati dalla modifica dei propri confini. La legge 7 agosto 1990, n. 241 prevede e disciplina, infatti, l'intervento del privato nei procedimenti amministrativi a condizione che possa dimostrare di avervi interesse. Il titolare può pertanto prendere visione dei documenti preparatori e dei pareri e può, inoltre, inviare scritti a sostegno delle proprie ragioni che, senza comunque esserne vincolata, la pubblica amministrazione deve prendere in considerazione, motivando nell'atto la propria determinazione, sia essa positiva o negativa. Molto spesso, se non nella maggioranza dei casi, i singoli titolari di farmacia non vengono né informati dell'inizio del procedimento né del proprio diritto ad intervenirvi .Talvolta, addirittura, non vengono a conoscenza nemmeno della pubblicazione del provvedimento di revisione della pianta organica, lasciando così trascorrere inutilmente i sessanta giorni entro i quali è possibile proporre ricorso amministrativo. Chi deve informare il farmacista? Sia allora ben chiaro che gli Ordini e le Associazioni di categoria non possono ignorare che il procedimento è in corso, essendo, in molte regioni, chiamati a fornire pareri o a nominare propri membri all'interno delle commissioni competenti, quando previste.

La revisione è un diritto dei cittadini

Finora si è trattato l'argomento pianta organica dalla parte del farmacista. Non si dimentichi però che la legge ha come obiettivo quello di pianificare, anche ponendo dei limiti, la distribuzione territoriale delle farmacie nell'interesse del cittadino. Tutto ciò che la legge prevede, e che la pubblica amministrazione attua, pone al centro il cittadino, non il farmacista. Guai se non fosse così!L'esistenza sul territorio delle farmacie è un diritto del cittadino e, se la legge prevede che ve ne sia una ogni tanti abitanti, questa ci deve essere. Se la pianta organica non viene revisionata o, peggio ancora, se l'istituzione di una nuova sede non viene seguita dall'apertura della farmacia, chi è danneggiato è il cittadino. E, quando un cittadino si ritiene danneggiato dall'inerzia della pubblica amministrazione, ha titolo per impugnare il mancato rovvedimento, rispetto ad un atto dovuto, non solo singolarmente ma anche tramite una vera e propria sorta di class-action. Situazioni di inadempienza, come quelle qui esposte, si verificano, ad esempio, quando un comune esercita la prelazione di una nuova sede per poi attendere anni prima di decidere a chi ed in che forma darla in gestione. A tutt'oggi, nonostante la legge abbia stabilito senza equivoci che le forme di gestione sono solo quelle previste dalla legge 362/91: in economia, mediante consorzi tra comuni, tramite aziende municipalizzate o società di capitali tra comune e farmacisti dipendenti, alcuni comuni continuano a tentare altre strade, a tutto danno del cittadino in quanto tutte le procedure di assegnazione in gestione possono venire impugnate nel tentativo di ritardare l'apertura di una nuova farmacia. Ma i ritardi nelle aperture non dipendono solo dai comuni bensì anche dalla complessità delle procedure concorsuali e dalla lungaggine nella pubblicazione delle graduatorie. Nel frattempo vengono istituiti dispensari farmaceutici, privi della più elementare legittimazione, in quanto la legge sottintende la preventiva conclusione di tutti gli atti tendenti all'apertura della farmacia. Per concludere, si rivolge un auspicio ed un suggerimento al legislatore per una vera riforma globale del servizio farmaceutico, evitando provvedimenti tampone e frammentari, capaci di generare solo ulteriori incertezze interpretative che, per concludere sempre con Giolitti, giustificano il famoso aforisma circa la applicazione della legge per i nemici e l'interpretazione per gli amici.

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