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10 dicembre 2010
di
Rif. rivista Dicembre 2010

Il riconfezionamento di materie prime e lo confezionamento di specialità medicinali rappresentano due tematiche controverse, entrambe legate alla gestione delle materie prime

Questo articolo introduce la trattazione di una serie di problematiche, relative alla galenica, sulle quali si vuole fare chiarezza. Le questioni che saranno trattate sono ancora molto controverse. Con questo articolo e con quelli che seguiranno su altri numeri di "Nuovo Collegamento", si vuole lanciare un sasso "ragionato" su problematiche "scottanti", perché fino ad ora non vi sono state prese di posizione ufficiali, ma solo "rumors" perlopiù demolitivi di ogni interpretazione in positivo, col risultato di alimentare quella demotivazione "strisciante" che ha relegato la galenica in un ambito spesso guardato con sospetto non solo dalle Autorità regolatorie e di vigilanza ma anche da molti colleghi farmacisti. L'intenzione di chi scrive non è quella di proclamare dei dogmi, ma quella di sostenere tesi, supportandole con puntuali riferimenti normativi, sulle quali instaurare un dibattito tra esperti allo scopo di fornire ai farmacisti preparatori delle certezze. In particolare, se si dice si, ma soprattutto se si dice no, ogni argomentazione deve essere sostenuta da precisi riferimenti normativi a pena di rendere ancora più confusa la materia. In questo numero si parlerà di materie prime sotto due punti di vista, entrambi collegati alle fonti di approvvigionamento. Il primo riguarderà la recentissima presenza sul mercato nazionale di aziende autorizzate dal Ministero della salute a riconfezionare le materie prime. La seconda questione sarà la vexata quaestio dello sconfezionamento di medicinali prodotti industrialmente, come fonte di materia prima o per la realizzazione di forme farmaceutiche a dosaggi non presenti sul mercato.

Le materie prime "riconfezionate"

Innanzi tutto occorre chiarire ai Lettori di cosa stiamo per parlare. Capita talvolta di avere bisogno di un quantitativo di materia prima, ad esempio 50 grammi di acido acetilsalicilico, e sentirsi rispondere dal fornitore abituale che è disponibile solo la confezione da un chilo. Fino a qualche tempo fa invece ci si vedeva recapitare un sacchetto od un barattolo, in qualche caso addirittura privo di sigillo, e riportante l'etichetta del grossista, contenente i 50 g richiesti. Con l'entrata in vigore, il 6 luglio 2006, del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 dal titolo: "Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE ciò non è più possibile in quanto l'art. 54 del decreto estende anche alle "varie operazioni di divisione, confezionamento o presentazione che precedono l'incorporazione della materia prima nel medicinale, compresi il riconfezionamento e la rietichettatura effettuati da un distributore all'ingrosso di materie prime ", l'obbligo del possesso dell'autorizzazione, quale officina farmaceutica, da parte dei grossisti che non si limitano a distribuire confezioni di materie prime sigillate all'origine, ma, previa apertura dei contenitori originali, le suddividono per soddisfare le richieste. La produzione di materie prime infatti prevede, oltre alla specifica autorizzazione, il rigoroso rispetto delle GMP (Good Manufacturing Pratices) e cioè delle linee guida europee cui si debbono attenere tutti i produttori di medicinali. Negli ultimi mesi il Ministero della salute ha cominciato a rilasciare, ad alcune ditte che l'avevano richiesta, l'autorizzazione alla produzione, ripartizione e riconfezionamento di materie prime. L'autorizzazione viene rilasciata a seguito di un iter piuttosto lungo ed oneroso da parte del richiedente, che deve dimostrare di essere in grado di svolgere le attività da autorizzare nel pieno rispetto delle GMP, compresi i relativi controlli analitici durante i vari stadi di lavorazione e nel trattamento delle materie prime, acquistate generalmente da produttori stranieri. Il farmacista, nel rispetto delle Norme di Buona Preparazione dei Medicinali in Farmacia (N.B.P.) deve (n. 6 - materie prime) selezionare attentamente i propri fornitori secondo il criterio della loro qualificazione e delle garanzie offerte. Ovviamente tali garanzie, qualora si richieda la fornitura di materie prime in quantità che impongono il riconfezionamento, consistono nel possesso da parte del grossista dell'autorizzazione di cui qui si tratta. è bene anche conoscere per quali materie prime il grossista è stato autorizzato. Infatti l'autorizzazione ministeriale contiene un elenco di principi attivi che la ditta autorizzata è legittimata a commercializzare solo a seguito dei controlli previsti dalle GMP. Finora sono pochissime le aziende che hanno ottenuto l'autorizzazione, ma per tutte l'autorizzazione descrive anche le sostanze per le quali l'autorizzazione è stata rilasciata. è diritto/dovere del farmacista conoscere tale elenco nel rispetto delle precauzioni impostegli dalle NBP.

Sconfezionare un medicinale

Ancora oggi questa frase genera, nel farmacista, una sensazione di incertezza alimentata dal dubbio se sia lecito farlo, anche su prescrizione medica, o non lo sia, sulla base di un fantomatico divieto di cui tutti parlano ma che nessuno ha mai visto, o meglio letto, in una qualsivoglia legge, decreto o altro atto di cui si conosca l'autore. Anche in ambito universitario qualche collega lo sostiene tuttora, ma dubito che citi la fonte normativa da cui ha ricavato il divieto. Nell'ordinamento italiano non vi è traccia del divieto ma, per onor del vero, non vi è nemmeno traccia di una norma che lo consenta chiaramente. è d'obbligo allora ricorrere al ragionamento sulla base del principio che qualsiasi comportamento non espressamente vietato è lecito entro i limiti imposti, per ogni attività o professione, dalle conoscenze tecniche e scientifiche e nel rispetto dei doveri e degli obiettivi che ogni professionista si deve porre. Per il farmacista, l'atto paradigmatico della professione è la spedizione della ricetta, cioè dell'esecuzione dell'ordine scritto del medico cui il farmacista non può sottrarsi salvo quando ravvisi negligenza o dolo da parte di quest'ultimo. Di fronte a simili situazioni ostative, il farmacista ha il dovere di sospendere l'ordinazione medica, cercando di ricondurre la prescrizione entro i limiti imposti dalla legge o dalle conoscenze tecniche e scientifiche, con il coinvolgimento del prescrittore. Le principali motivazioni che portano a ricette nelle quali il medico prescrive una formula magistrale che comporta lo sconfezionamento di un medicinale industriale sono principalmente riconducibili alle seguenti ipotesi:

1) adattamento del dosaggio alle esigenze del paziente (generalmente in pediatria o veterinaria);

2) realizzazione di forme farmaceutiche diverse, ad es. sciroppi da capsule in pediatria;

3) preparazione di forme farmaceutiche per applicazione topica con principio attivo contenuto in soluzioni iniettabili. Molte altre sono le ipotesi di prescrizione che richiedono un intervento del farmacista particolarmente attento e responsabile.

Se nel nostro ordinamento non si rintraccia una espressa previsione legittimante l'allestimento di preparazioni partendo da medicinali prodotti industrialmente, tale prassi è invece prevista e disciplinata in altri paesi. In Francia le Bonnes Pratiques de Préparation nell'elencare le fonti di approvvigionamento delle materie prime recitano testualmente: lorsque la matière première en vrac n'est pas disponible et sous reserve d'une étude de faisabilité le pharmacien peut utiliser en tant que matières premières des spécialités pharmaceutiques définies à l'article L.5111-2 du CSP (voir annexe B). Il testo, in italiano è il seguente: Quando la materia prima sfusa non è disponibile e a condizione di uno studio di fattibilità il farmacista può utilizzare come materie prime delle specialità medicinali. L'allegato B (annexe B) dal titolo: Lista non esaustiva delle situazioni difficili di utilizzazione delle specialità medicinali confezionate, riporta alcune ipotesi e situazioni dando suggerimenti operativi e sconsigliando le operazioni più a rischio. Ad esempio viene considerata da escludere la realizzazione di una forma orale partendo da un medicinale industriale per uso topico. Le norme francesi sono senz'altro quelle che più dettagliatamente disciplinano, e quindi legittimano tale pratica, ma anche nella normativa di altri paesi troviamo riferimenti significativi. Negli Stati Uniti le Good Compounding Pratices lasciano notevole libertà al farmacista nel reperimento delle materie prime; un recentissimo articolo pubblicato su International Journal of Pharmaceutical Compounding fornisce suggerimenti e pone limiti razionali nell'uso dei commercially manufactured products a conferma della riconosciuta possibilità di sconfezionare per preparare, ovviamente con il massimo senso di responsabilità e rigore scientifico. Nel nostro Paese nelle farmacie ospedaliere tale prassi è comunemente adottata e, da uno studio recente, condotto durante la realizzazione di una tesi di laurea, è risultato che il fenomeno costituisce forse il caso più frequente di uso off-label dei medicinali, calcolato nell'adulto tra il 7,5 e il 40% mentre in pediatria la percentuale sale al 60% in ambito ospedaliero e al 39% sul territorio. In ambito pediatrico il 25% riguarda bambini di età inferiore all'anno, il 35% tra 1 e 3 anni ed il 40% quelli di età maggiore di tre anni.

Conclusioni

Con queste brevi note si vuole così sensibilizzare il lettore sull'importanza di una valutazione critica e del continuo aggiornamento, soprattutto di fronte a schemi operativi non supportati da norme chiare e recenti. Utifar, con questo e con gli articoli che seguiranno, vuole sollecitare il dibattito sugli argomenti trattati ed è pronta ad ascoltare opinioni e critiche nell'interesse del farmacista e, soprattutto, della certezza delle norme che regolano l'attività professionale.

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