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Editoriale
01 maggio 2015
di Eugenio Leopardi
Rif. rivista n. 3 Aprile 2015
CREDERE NELLA FARMACIA

Apprendere che un'azienda, da sempre partner della farmacia, decide di puntare sulla Gdo, genera un certo malessere. Sapere poi che la scelta è stata intrapresa per "promuovere la vicinanza della marca a tutti i consumatori gluten-free ed essere al passo con le nuove dinamiche di acquisto" lascia ancora di più l'amaro in bocca. Non è il nuovo terreno di concorrenza con la grande distribuzione che mi preoccupa: a questo siamo abituati da anni ed è una situazione naturale rispetto alla quale la farmacia non si è mai sottratta, cogliendo appieno lo stimolo rappresentato dalle dinamiche concorrenziali. I motivi del disappunto risiedono altrove.

Anzitutto, nel prendere atto che un'azienda cresciuta grazie al contributo e al supporto delle farmacie ci tenga in così poca considerazione rispetto alle proprie prospettive di sviluppo. Vedere un figlio crescere e poi andare all'estero per cercare la sua strada può essere triste, ma al contempo genera un senso di orgoglio paterno. In questa vicenda, tuttavia, la situazione è molto differente. Personalmente, rifiuto l'assunto che in farmacia si cresca e si impari a muoversi, per poi uscirne a cercare maggiori fortune. In farmacia si può crescere, diventare grandi e rivolgersi a tutta la popolazione italiana, in maniera di certo più capillare e professionale che rispetto alla grande distribuzione. Perché allora, un'azienda, fatti i propri conti e valutazioni, ad un certo punto non crede più in una crescita comune con la farmacia e sceglie di puntare sulla grande distribuzione?

Ad oggi, la farmacia e i negozi specializzati vantano una quota di mercato del 70% nel settore celiachia, quota conquistata in anni di stretta collaborazione con le aziende, di investimenti reciproci e di politiche di crescita. Perché allora, continuo a chiedere, non si può continuare a crescere insieme?

La frase che mi ha fatto più male leggere è quella pronunciata da Luciano Cappellari di Coop Lombardia, al quale è sembrato "più che naturale pensare di conquistare un mercato prevalentemente appannaggio di farmacie e negozi specializzati". I risultati di una ricerca condotta per conto della nota azienda al fine di seguire i comportamenti della clientela Coop nei confronti dei prodotti destinati ai celiaci, hanno evidenziato grande interesse da parte delle persone intolleranti al glutine ad apprendere della possibilità di fare acquisti anche nel supermercato oltre che in farmacia e nei negozi specializzati. In quest'ottica, come afferma un alto dirigente dell'azienda in un'intervista, si è deciso di dare seguito ad un'attività di brand switch, portando i prodotti a marchio "finora disponibili solo in farmacia e nei negozi specializzati, sugli scaffali della grande distribuzione. Ciò significa che sarà disponibile, dalla colazione alla cena, dallo snack alla merenda, dal dolce al salato, dai prodotti ambient a quelli frozen, un maggiore e più vario numero di referenze per un'alimentazione sana, varia ed equilibrata tutta gluten free". Mi auguro, per il cittadino, che quella azienda, con sede a Merano, si sia preoccupata di chi è nato in un piccolo centro dove la GDO certamente non ha nessun interesse a impiantare le sua attività. Ma può bastare una ricerca di mercato per cambiare strategia e filosofia aziendali?

Dopo il disappunto iniziale, questa vicenda ha stimolato in me una riflessione: forse, a monte di tanti problemi, c'è la nostra mancanza di unità. E' un discorso vecchio, che ho già affrontato in un precedente editoriale. All'esterno appariamo divisi: ci sono divisioni tra titolari di farmacia, collaboratori, titolari di parafarmacia, ci sono divisioni all'interno delle nostre organizzazioni di categoria non per differenti vedute di programma, ma solo per un desiderio di visibilità. Questo nostro apparire divisi, certamente permette alle istituzioni di prendere provvedimenti senza consultarci, alle aziende di fare scelte non condivise da noi, senza temere alcuna reazione. Se ci mostrassimo uniti, se sapessimo intraprendere iniziative comuni, forse saremmo più ascoltati ed anche più temuti. Se abbandonassimo l'opposizione strumentale, fatta solo per criticare, il nostro peso nella società, nel mercato, nel territorio potrebbe finalmente essere riconosciuto per quello che in realtà è. L'Utifar nel primo Bilancio Sociale della farmacia italiana ha evidenziato che un cittadino su tre esce dalle farmacie italiane con un consiglio. Quel consiglio glielo danno tutti i farmacisti italiani che se impareranno a farsi forti, tutti assieme, della stima della gente, forse dissuaderanno tutti quelli che non credono più nella nostra professione e ci utilizzano fin quando fa loro comodo. Mi riferisco alle aziende che ci usano come trampolino di lancio, ma anche allo Stato e alle Regioni, che ci hanno utilizzato per tantissimi anni come finanziatori del SSN e oggi se ne sono dimenticati.

Eugenio Leopardi

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